La scure di Donald Trump si abbatte sui social con un ordine esecutivo che punta a ridurre la loro immunità legale esponendoli al rischio di cause, dopo che Twitter ha 'corretto' per la prima volta due cinquettii del tycoon che equiparavano il voto per corrispondenza ai brogli.
La mossa sarà sicuramente sfidata nei tribunali da giganti come Twitter, Facebook, Youtube e Google, che da ieri continuano a subire perdite a Wall Street. La posta in gioco è altissima e riguarda gli argini alla disinformazione, la prerogativa di accertare i fatti in un’epoca dove il potere usa sempre di più le piattaforme social per comunicare direttamente con l’opinione pubblica.
A partire da Trump che, forte dei suoi oltre 80 milioni di follower, brandisce Twitter come arma politico-propagandistica a 360 gradi, seminando anche teorie cospirative e oltre 16 mila affermazioni false o fuorvianti da quando è in carica, secondo un resoconto dei media. La battaglia, ennesimo test sui confini dei poteri della Casa Bianca, vede Twitter e Facebook su fronti opposti, con i loro leader che litigano indebolendo la risposta di Big Tech.
«Abbiamo una politica differente da Twitter su questo, credo fortemente che Facebook non debba essere l’arbitro della verità di tutto ciò che la gente dice online», ha detto l’ad Mark Zuckerberg in un’intervista a Fox. «In generale le società private, specialmente queste piattaforme, probabilmente non dovrebbero essere nella posizione di farlo». «Segnalare le informazioni errate non ci rende un 'arbitro della verità'», gli ha risposto il numero uno di Twitter Jack Dorsey.
«Continueremo a segnalare informazioni errate o contestate sulle elezioni a livello globale», ha aggiunto, spiegando che i tweet di Trump «potrebbero indurre le persone a pensare erroneamente che non è necessario registrarsi per ottenere una scheda elettorale». «La nostra intenzione è collegare i punti di dichiarazione contrastanti e mostrare le varie informazioni in una disputa in modo che la gente possa giudicare da sola», ha proseguito.
«Questo è un grande giorno per i social media e l'imparzialità!», ha twittato il presidente dopo aver minacciato ieri di «regolamentare fortemente» o di «chiudere» i social, accusandoli di mettere a tacere le voci dei conservatori e di interferire nelle elezioni presidenziali. La bozza dell’ordine esecutivo anticipata dai media punta a reinterpretare una legge del 1996, la Communications Decency Act, riducendo l’ampia immunità contro eventuali cause garantita dalla sezione 230 ai siti che moderano le loro piattaforme.
A farsene carico dovrebbe essere il dipartimento del Commercio e la Federal Trade commission, che tuttavia è un’agenzia federale indipendente. L’ordine argomenta che la protezione si applica alle piattaforme che operano in «buona fede», sostenendo che i social non ne hanno e attuano invece una «censura selettiva». «In un Paese che ha a lungo amato la libertà di espressione non possiamo consentire che un limitato numero di piattaforme online selezionino personalmente i discorsi cui gli americani possono avere accesso o mettere online», si legge nella bozza.
«Questa pratica è fondamentalmente anti americana e anti democratica. Quando grandi e potenti società social censurano le opinioni che non condividono esercitano un potere pericoloso», prosegue il testo, che prevede anche limitazioni agli investimenti federali sulle loro piattaforme. Difficile, secondo gli esperti, che Trump possa da solo cambiare la legge. Ma l’effetto deterrente della mossa è chiaro.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia