«Sto soffocando» sono le parole pronunciate sette volte prima di morire da Cèdric Chouviat, deceduto lo scorso gennaio dopo un controllo della polizia a Parigi: Le Monde e Mèdiapart hanno diffuso l’audio della sua telefonata e i familiari hanno scritto al presidente Emmanuel Macron per chiedere la messa al bando di alcune tecniche poliziesche.
La diffusione dell’audio ha portato al fermo di quattro agenti, che sono stati ascoltati dall’ispettorato generale della polizia nazionale. In un clima di proteste anti-razziste e contro le violenze della polizia in Francia, sulla scia dell’uccisione di George Floyd negli Usa e in memoria del 24enne Adama Traorè morto dopo un controllo della polizia nel 2016, la pubblicazione degli audio e di alcuni video hanno rilanciato la vicenda di Chouviat, ancora avvolta da molte zone d’ombra.
Il 3 gennaio scorso il fattorino viene fermato dalla polizia per un controllo nei pressi della Tour Eiffel mentre è in sella al suo scooter. Gli agenti contestano il fatto che la targa del mezzo fosse sporca e che lui stesse parlando al cellulare mentre stava alla guida. Uno scambio verbale teso tra le due parti, un placcaggio a terra e, come rivelato dalle registrazioni, il lamento dell’uomo che per sette volte di seguito, agonizzante, dice: «Sto soffocando».
L’intera 'scena' dura una dozzina di minuti. Il 42enne, padre di cinque figli, viene trasportato in coma in ospedale dove muore due giorni dopo. L’autopsia ha riscontrato una asfissia e una frattura della laringe. Oggi i familiari della vittima, sconvolti dal contenuto delle registrazioni audio e dai video girati da pedoni che hanno assistito alla scena, messi a disposizione dai giudici istruttori, si sono rivolti al presidente Macron chiedendogli la sospensione dei quattro agenti coinvolti e la messa al bando di due delle tecniche frequentemente utilizzate dalla polizia: il placcaggio e la stretta alla gola.
In conferenza stampa genitori, moglie, figli e sorella della vittima hanno diffuso il loro messaggio indirizzato al capo dello Stato, intriso di incomprensione e rabbia per quanto accaduto. «Siamo nell’incomprensione più totale. Chiediamo una risposta rapida al capo dello Stato», ha detto Sofia, figlia della vittima. «Non gli è stata data alcuna possibilità di sopravvivere, solo per una targa sporca», ha deplorato Christian Chouviat, il padre.
«Lanciamo un appello alla calma. La Francia non è gli Stati Uniti ma la Francia si avvicina agli Stati Uniti» ha detto l’avvocato William Bourdon, denunciando una «logica repressiva» in azione all’interno delle forze dell’ordine. «Quanti altri morti dobbiamo ancora registrare prima che le tecniche della polizia cambino?» ha chiesto Vincent Brengarth, l’altro legale della famiglia della vittima, confermando che Chouviat è morto proprio a causa di queste due tecniche controverse.
Gli avvocati hanno anche denunciato «una pressione politica deplorevole» dei sindacati di polizia sul governo, in particolare sul ministro dell’Interno Christophe Castaner, costringendolo a reintrodurre la tecnica nota come «chiave di strangolamento» con il braccio che aveva vietato l’8 giugno. Dopo le rivelazioni di Mèdiapart e Le Monde, l’avvocato di due agenti di polizia ha assicurato che i suoi clienti non avevano sentito la richiesta di aiuto di Chouviat, che durante il controllo indossava il casco.
Erano stati i due agenti a soccorrerlo quando ha avvertito un attacco cardiaco, in attesa dell’arrivo dell’ambulanza. I legali hanno sottolineato che gli agenti coinvolti non hanno mai fatto arrivare ai familiari di Chouviat un messaggio di cordoglio.
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