La Russia ha annunciato di essere il primo Paese al mondo ad aver registrato un vaccino anti-coronavirus. «So che funziona in modo abbastanza efficace, garantisce un’immunità stabile e ha superato tutti i controlli», ha assicurato il presidente Putin, rivelando che una dose è stata somministrata ad una delle sue figlie. Il vaccino sarà in circoloazione dal 1 gennaio del 2021. Sono ormai quasi 200 i vaccini in fase di sviluppo nel mondo per cercare di contrastare la pandemia di Sars-CoV2. Secondo i dati dell’Istituto Milken di Pasadena sono infatti 199 i nuovi prodotti complessivamente in fase di sviluppo mentre una ventina sono quelli che sono stati avviati alla fase clinica di sperimentazione. Tra questi almeno altri 5 sono arrivati all’ultimo step della sperimentazione sull'uomo, la cosiddetta fase III. Si tratta di tre vaccini cinesi - due prodotti da Sinopharm nei suoi laboratori di Wuhan e di Pechino, e uno prodotto da Sinovac - di quello prodotto dallo Jenner Institute (Università di Oxford) in collaborazione con Irbm-Advent e di quello americano prodotto da Moderna, società biotech di Cambridge, cittadella della ricerca nei pressi di Boston. La Russia aveva preannunciato alla fine di luglio l’intenzione di registrare il suo vaccino tra il 10 e il 12 agosto. «Si tratta di un momento Sputnik», aveva spiegato Kirill Dmitriev, a capo del Fondo russo per gli investimenti diretti (Rdif) che sta finanziando la ricerca del vaccino. Il riferimento è al lancio dello Sputnik sovietico, nel 1957, primo satellite messo in orbita al mondo. «Gli americani sono rimasti sorpresi allora e lo stesso è col vaccino, la Russia ci arriverà per prima», aveva assicurato Dmitriev. L’Oms ha reagito con cautela. «Attualmente ci sono centinaia di vaccini in fase di sperimentazione e devono essere conformi alle linee guida e ai regolamenti per procedere in sicurezza», ha spiegato il portavoce, Christian Lindmeier, aggiungendo che a volte «sono stati riportati risultati che poi richiedono tempo per passare tutte le fasi necessarie» prima di poter essere applicati in generale. Per questo, nonostante il monito dell’Oms, molti Paesi si stanno muovendo sul mercato per assicurarsi scorte importanti di vaccini. Tra questi il Brasile, che, dopo gli Stati Uniti è il Paese con il più alto numero di decessi per Covid-19. Il governo brasiliano ha stanziato 1,99 miliardi di reais (358 milioni di dollari) per rendere possibile la produzione del vaccino. Bolsonaro ha firmato il decreto con il quale ha rilasciato il credito straordinario, che dovrà essere approvato dal Congresso entro un periodo massimo di 120 giorni, anche se la cassa sarà disponibile dal momento in cui il decreto sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il vaccino è stato sviluppato dall’Università di Oxford ed in Brasile è in fase di sperimentazione attraverso una partnership con la Fundacion Oswaldo Cruz, il principale centro di ricerca medica in America Latina. L’aspettativa del governo è che, se il vaccino si dimostrerà efficace, si potrà effettuare una campagna di vaccinazione massiccia e celere. A dicembre dovrebbe arrivare il primo lotto da quindici milioni di dosi, dei cento milioni ordinati; un secondo lotto, con altri quindici milioni di dosi, è previsto per gennaio e la quantità rimanente, settanta milioni, dovrebbe arrivare in consegne successive a partire da marzo 2021. Anche Donald Trump non smette di assicurare contratti di fornitura di vaccini con diverse aziende farmaceutiche che hanno prodotti in fase più o meno avanzata di sperimentazione. Proprio la scorsa settimana il governo Usa ha annunciato un nuovo investimento da un miliardo di dollari nel progetto del gruppo farmaceutico Johnson & Johnson. Salgono così a 9,4 miliardi gli investimenti federali immessi per combattere l’epidemia. I nuovi fondi andranno a finanziare la produzione di cento milioni di dosi - aumentabili a 300 milioni - nel momento in cui sarà accertata l’efficacia del vaccino messo a punto dal gruppo farmaceutico. Al momento la ricerca che risulta più avanzata è quella dell’azienda biotecnica Moderna, che sta lavorando in collaborazione con l’Istituto di sanità americano. «Con la Commissione Europea stiamo lavorando a chiudere ancora tanti contratti con grandi case farmaceutiche che sono al lavoro» sul vaccino anti-Covid. «L'Italia - ha detto Speranza al Senato - è in prima linea e fa parte del gruppo ristretto che chiuderà questi contratti: perciò appena una delle compagnie ci dà una notizia positiva, saremmo nelle condizioni di poter usufruire del vaccino». La nostra nazione «ha sottoscritto tra le prime un’alleanza con Francia, Germania e Olanda e sta rappresentando il motore dell’iniziativa della Commissione Europea» per ottenere il prima possibile il presidio sanitario. Inoltre, «abbiamo sottoscritto - ha concluso il Ministro della Salute - un primo accordo importante che ci consentirà di avere le prime dosi entro la fine del 2020. Si tratta di un vaccino elaborato all’Università di Oxford ma con una parte italiana, perchè il vettore virale è stato realizzato da un’azienda di Pomezia. Gli scienziati russi sostengono di aver sviluppato velocemente il vaccino, perchè si tratta della versione modificata di una già preesistente, creata per combattere altre malattie; un approccio assunto anche da altri Paesi e società impegnate nella ricerca. Per esempio, il vaccino della Moderna, appoggiato dal governo Usa e che ha iniziato la sua fase 3 di trial, è stato costruito sulla base di un vaccino che era stato sviluppato per il virus chiamato Mers. Questo ha sicuramente accelerato il processo di sviluppo, ma i regolatori sia europei che americani prima di cantare vittoria richiedono di arrivare alla conclusione completa dei test di sicurezza ed efficacia per il vaccino e la stessa Oms ha avvertito che c'è ancora molta strada da fare. Funzionari russi hanno spiegato che la velocità dell’iter che porta all’approvazione del vaccino è dovuta all’urgenza della situazione. Tra i vaccini in fase di sviluppo, appena 24 sono quelli che sono stati avviati a sperimentazione clinica. Tra questi c'è anche un vaccino italiano che proprio negli ultimi giorni è stato avviato alla sperimentazione presso l’Ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma. Sono oltre tremila le persone che hanno inviato una candidatura in qualità di volontario allo Spallanzani per le prove, che inizieranno il 24 agosto. Sulla base della selezione effettuata allo screening, si prevede di vaccinare il primo gruppo di 3 volontari tra il 24 ed il 26 agosto. Nel corso dei giorni successivi, i volontari vaccinati saranno attentamente monitorati. Se non si osserveranno eventi avversi significativi, i successivi 3 volontari, che riceveranno una dose più alta di vaccino, saranno vaccinati tra il 7 ed il 9 di settembre. La rivista Lancet ha riportato uno studio sulla fase 1 e 2 e dice che i risultati sono molto incoraggianti. La fase 3 è stata spostata in Brasile e Sudafrica - dove la curva dei contagi è ancora alta - e speriamo che arrivino notizie positive». Nel frattempo continuano le sperimentazioni. Novavax, la poco nota società del Maryland che ha firmato un accordo da 1,6 miliardi di dollari con il governo americano per il suo vaccino contro il coronavirus, ha annunciato risultati incoraggianti in due studi preliminari. In uno dei due studi, 56 volontari hanno prodotto un alto livello di anticorpi contro il Covid-19, senza subire effetti collaterali pericolosi. L’altro studio è stato condotto su sciemmie, che sono state efficacemente protette dal vaccino. Il virologo John Moore, della Weill Cornell Medicine, non coinvolto nei due studi, ha dichiarato che i risultati di Novavax sono i più impressionanti da lui finora esaminati. La virologa Angela Rasmussen, della Columbia University, anche lei non coinvolta nei due studi, ha affermato che si tratta di «incoraggianti risultati preliminari», ma ha avvertito che non sarà possibile dire se il vaccino è sicuro ed efficace fino a quando Novavax condurrà uno studio su larga scala, passando quindi alla Fase 3 e al confronto tra persone che vengono vaccinate con persone che assumono un placebo. L’India, la Russia, l’Indonesia e anche diversi Paesi africani come la Nigeria hanno avviato sperimentazioni di specifici prodotti. Israele avvierà la sperimentazione di un suo vaccino già ad ottobre. «Il nazionalismo dei vaccini non va bene, non ci aiuterà», ha avvertito il capo dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. «Perchè il mondo si riprenda più velocemente, deve riprendersi insieme, perchè è un mondo globalizzato: le economie sono intrecciate. Parte del mondo o pochi paesi non possono essere un rifugio sicuro e riprendersi». Servirebbero infatti nove miliardi di dosi per coprire tutta la popolazione mondiale che dovrebbero essere poi incapsulate, mantenute integre e distribuite in ogni angolo del pianeta. Si tratta di una sfida che non solo mette a dura prova le capacità produttive delle aziende farmaceutiche globali, ma anche quelle logistiche e di distribuzione al punto che si teme che possa mancare la sabbia per fabbricare il vetro necessario a realizzare tutte le capsule che dovrebbero contenere i vaccini. «L'idea che un singolo vaccino sarà lanciato in modo tempestivo in tutto il mondo, penso che sia molto ingenuo», ha spiegato Robin Shattock dell’Imperial College di Londra, che sta lavorando a un vaccino a basso costo contro il coronavirus. Morgan Stanley ha elaborato un rapporto «Covid 19: What to watch in vaccines», in cui evidenzia i limiti delle capacità produttive delle aziende che hanno i candidati vaccini con maggiori probabilità di successo. Per esempio, la stima è che il vaccino di Astra Zeneca non possa essere prodotto prima dell’inizio del 2021 con una capacità produttiva pari a 300 milioni di dosi. Solo Moderna, Sanofi e Johnson&Johnson avrebbero la capacità di produrre un miliardo di dosi in un anno, ma non è detto che i loro vaccini siano tra i primi ad essere autorizzati.