«L'Ue non accetta i risultati elettorali. Inizia il lavoro sulle sanzioni per i responsabili delle violenze e dei brogli». Le parole dell’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell non lasciano spazio alle interpretazioni. I racconti di quanti escono dalle carceri bielorusse hanno destato orrore tra i partner europei, che di fronte alla brutalità «dell’ultimo dittatore» d’Europa, Alexander Lukashenko, rispondono con nuove sanzioni. La decisione politica dei 27 (ora servirà il lavoro tecnico e l'adozione formale, nelle prossime settimane) arriva al termine di un Consiglio esteri straordinario, convocato dall’Alto rappresentante, Josep Borrell, dopo sei giorni di violenza contro cortei pacifici e la macelleria nelle prigioni. Orrori di fronte ai quali la cancelliera tedesca Angela Merkel si è detta «scossa», e che hanno fatto scendere in campo in modo irrituale, anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che poco prima dell’inizio della riunione, su Twitter, ha invocato l’adozione di misure restrittive. Una presa di posizione forte, quella dei ministri degli Esteri dell’Unione, che all’unanimità - compresi i più riluttanti Ungheria e Polonia - si sono espressi per procedere col lavoro per le sanzioni, tendendo così una mano alla voglia di cambiamento del Paese, tenuto in ostaggio da Lukashenko ormai da 26 anni, il padre padrone riconfermato domenica per il sesto mandato, in elezioni che molti in Occidente considerano "rubate». Il lavoro sulle misure si concentrerà ora nel mettere insieme un elenco di persone da iscrivere in una black list che prevede il congelamento dei beni ed il divieto dei viaggi nell’Unione, riutilizzando la cornice legale delle misure Ue revocate nel 2016, per i passi avanti allora dimostrati da Minsk nel rispetto dei diritti umani. Intanto le autorità bielorusse hanno continuato a rilasciare centinaia di persone, facendo registrare un cambio di strategia del regime, messo alle strette dal moltiplicarsi degli scioperi nelle fabbriche e dal ripudio dei militari, mentre nelle piazze del Paese, da Minsk a Grodno, l’onda lunga dei cortei pacifici si è ingrossata ancora, dietro le catene umane delle donne in marcia portando fiori, decise a resistere. Un cambio tattico dimostrato da un’insolita disponibilità «ad un dialogo costruttivo e obiettivo con i partner stranieri su tutte le questioni relative agli sviluppi in Bielorussia" manifestata dal ministro degli Esteri bielorusso Vladimir Makei in una conversazione telefonica con la controparte svizzera Ignazio Cassis. Mentre Svetlana Tikhanovskaya dall’auto-esilio in Lituania, è tornata all’attacco con la proposta di istituire un Consiglio di coordinamento per garantire il passaggio di potere. D’altra parte, nella partita bielorussa, fanno però osservare fonti diplomatiche, occorre restare vigili sulle possibili mosse russe. Non solo per quello che viene spesso descritto come il rischio di spingere la Bielorussia tra le braccia di Mosca , ma anche per il pericolo di un’azione unilaterale, con o senza l'assenso di Minsk. Non è un mistero infatti che negli ultimi sei anni, ci sono state numerose discussioni su ciò che potrebbe far scattare un nuovo intervento militare russo in Europa, dopo quello dell’Ucraina. E in molti di questi scenari, è proprio la situazione in Bielorussia ad essere in cima alla lista, con tutte le implicazioni ad ampio raggio che ne seguirebbero, per la sicurezza del continente.