Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha respinto le offerte di mediazione giunte in questi giorni da alcuni Paesi esteri nell’intento di risolvere la grave crisi aperta dopo le elezioni presidenziali che lo hanno riconfermato tra forti sospetti di brogli. «Non cederemo il Paese a nessuno», ha detto Lukashenko in una riunione al ministero della Difesa secondo l’agenzia di Stato Belta. «Non abbiamo bisogno di alcun governo straniero, nè di intermediari», ha aggiunto. Proposte di mediazione nella crisi bielorussa sono state avanzate, in particolare, dalla Polonia e da due repubbliche baltiche: Lettonia e Lituania. Il piano proposto prevedeva la creazione di un «consiglio nazionale» per risolvere la crisi politica in corso. «Senza voler offendere i leader di queste repubbliche - ha detto Lukashenko - vorrei dire loro di pensare ai propri affari». In un colloquio con il suo omologo e alleato russo Vladimir Putin, è stata confermata l’intenzione di «rafforzare» l’unione di Russia e Bielorussia, un’alleanza intergovernativa tra i due Paesi. Intanto non si placano le proteste: anche oggi alcune migliaia di persone hanno sfilato a Minsk per contestare la rielezione di Lukashenko. I dimostranti hanno reso omaggio vicino alla stazione della metropolitana di Pushkinskaya al manifestante ucciso lunedì scorso negli scontri con la polizia. Nel luogo dove è morto Alexander Taraikovski, 34 anni, hanno deposto dei fiori gridando «Vattene» rivolti al presidente e mostrando immagini con i segni delle percosse subite durante la repressione e gli arresti. Oggi si è tenuto il funerale del manifestante ucciso. Per domani è prevista a Minsk una Marcia per la Libertà, promossa dalla leader dell’opposizione Svetlana Tikhanovskaya.