La telefonata, la voce del figlio che arriva dall’Egitto e le lacrime di disperazione si trasformano in commozione e felicità. «Mamma sto bene. State tranquilli. Aspetto che il magistrato firmi il mio rilascio e poi prendo l'aereo e torno in Italia": con queste parole rassicura i familiari il 27enne Calogero Nicolas Valenza che la sera del 23 agosto è stato fermato dalla polizia con l’accusa di traffico di stupefacenti al Cairo. Dopo tre giorni di silenzio e di paura è arrivato uno squillo liberatorio. Il giovane ha chiamato alla presenza di un avvocato di fiducia indicato dall’ambasciata italiana. «Siamo usciti da un incubo, sono contento, ma voglio riabbracciare mio figlio per essere tranquillo», commenta il padre, Angelo Valenza, 50 anni, operaio metalmeccanico. Era pronto a vendere la casa dove abitano, a Gela, per sostenere le spese legali per la liberazione del figlio. Ma non ce ne sarà bisogno. Determinanti nella tempistica e nella svolta alla situazione sono stati gli interventi della Farnesina e dell’ambasciata italiana in Egitto. «Non ho parole per ringraziare tutti, dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, all’ambasciata italiana al Cairo - dice tra le lacrime la madre del giovane, Rossana, 46 anni, casalinga - si sono mossi in maniera discreta, professionale ed efficace e ci sono sempre stati vicini. Come Amnesty international. Certo adesso voglio vedere mio figlio a casa: in tre giorni sono invecchiata di 10 anni, ero disperata. Adesso sono ancora in trepidante attesa, lo voglio qui per essere sicura che è libero e sta bene». E per farsi raccontare cosa sia accaduto. Nicolas domenica sera era giunto al Cariro, da Barcellona, città nella quale da 4 anni lavora come Pr in un’azienda promotrice di spettacoli, per andare a trovare una sua cara amica egiziana. Appena atterrato è stato fermato dalla polizia in aeroporto al controllo documenti: nei suoi confronti c'era un provvedimento di fermo per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. «Ci hanno riferito - ricostruisce Nicoletta Cauchi, legale della famiglia Valenza - che Nicolas ha un difensore d’ufficio e che l’accusa nei suoi confronti potrebbe comportare anche la pena di morte. E inoltre che per avviare un mandato difensivo di fiducia occorrono quasi 100 mila euro». Al fermo del giovane siciliano, secondo quanto ricostruito dalla famiglia e dal loro legale, si sarebbe giunti nell’ambito di un’inchiesta su un gruppo di ragazzi di varie nazionalità indagati dalla polizia egiziana per traffico di sostanze stupefacenti. Uno di loro avrebbe fatto il nome di Nicolas, ma non si sa con che tipo di accuse. Da questa presunto coinvolgimento sarebbe scaturito il fermo del giovane siciliano, eseguito non appena è giunto all’aeroporto del Cairo. Dalla Farnesina, a cui si sono rivolti i coniugi Valenza tramite l'avvocato Nicoletta Cauchi, sono stati attivati i canali diplomatici per tutelare i diritti di Calogero Nicolas. Contatti sfociati nella svolta arrivata nel tardo pomeriggio con la telefonata del ragazzo ai genitori. Che si sono rasserenati, ma che si sentiranno «sicuri soltanto quando lui ritornerà a casa».