Approvata all'unanimità da 190 nazioni la risoluzione italiana presentata a Vienna alla Conferenza delle Parti sulla Convenzione Onu contro la criminalità transnazionale (nota come Convenzione di Palermo). In una quattro giorni a cui hanno partecipato, in gran parte da remoto, rappresentanti diplomatici e ong di 190 Stati, che ha avuto inizio il 12 ottobre e si è conclusa oggi, si è discusso dello stato della lotta alle mafie nel mondo e di come migliorare e rendere più efficace la Convenzione di Palermo, il primo strumento legislativo universale, ratificato nel 2000, contro la criminalità organizzata transnazionale. La delegazione italiana era costituita dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, dall'ambasciatore italiano Alessandro Cortese, dal consigliere giuridico Antonio Balsamo, e dal primo segretario Luigi Ripamonti. Per l'Italia sono intervenuti anche il procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho, il procuratore generale di Roma Giovanni Salvi, il capo della Polizia Franco Gabrielli e il viceministro agli Esteri Marina Sereni. Accolte all'unanimità le proposte della risoluzione che ha messo nero su bianco l'importanza dell'eredità lasciata da Giovanni Falcone, pioniere della cooperazione giudiziaria nel contrasto ai clan, nella lotta alle mafie nel mondo. E' la prima volta che in una risoluzione viene valorizzato il contributo di una singola personalità. Tra i "suggerimenti" indicati nel documento italiano agli Stati: l'adozione delle misure patrimoniali - sequestri e confische - che dal 1982 in Italia si rivelano uno strumento utilissimo nella lotta ai clan, l'uso sociale dei beni tolti alle mafie, l'invito alla costituzione di corpi investigativi comuni che facciano uso delle più moderne tecnologie (importanti soprattutto nelle inchieste sui traffici di migranti), l'estensione della Convenzione di Palermo a nuove forme di criminalità come il cybercrime e i reati ambientali ancora non disciplinati da normative universali e il potenziamento della collaborazione tra gli Stati, le banche e gli internet providers per il contrasto alla criminalità transnazionale Al dibattito hanno partecipato anche ong italiane, come la Fondazione Giovanni Falcone, il Centro Pio La Torre e Libera che hanno raccontato le loro esperienze in prima linea sul territorio. La Convenzione di Palermo, che il 15 novembre compirà 20 anni, è l'unico strumento legalmente vincolante a livello mondiale contro la criminalità organizzata transnazionale. La ratifica da parte di 190 Paesi segnò un traguardo importantissimo nella lotta alle mafie e l'avverarsi del sogno di Giovanni Falcone che dagli anni 80 aveva compreso il rischio che la criminalità organizzata diventasse un problema globale l'importanza di un impegno corale degli Stati. La Convenzione, che per la prima volta dà una definizione di criminalità organizzata applicabile alle mafie di tutto il mondo, parla di assistenza giudiziaria reciproca e promuove la cooperazione tra le forze dell'ordine, prevede una serie di impegni per gli Stati firmatari. Nella risoluzione italiana approvata a Vienna si rende un "omaggio speciale a tutti coloro, come il giudice Giovanni Falcone, il cui lavoro e sacrificio hanno aperto la strada all'adozione della Convenzione", si sottolinea "che la loro eredità sopravvive attraverso il nostro impegno globale per la prevenzione e la lotta alla criminalità organizzata" e si esprime "seria preoccupazione per la penetrazione di gruppi criminali organizzati nell'economia lecita e, a questo proposito, per i crescenti rischi legati alle implicazioni socioeconomiche della pandemia del coronavirus (COVID-19)". Nel documento, inoltre, si invitano gli Stati a condurre indagini economiche, a "seguire il denaro" con strumenti di indagine finanziaria e a identificare e interrompere qualsiasi legame tra criminalità organizzata transnazionale, corruzione, riciclaggio e finanziamento del terrorismo e a utilizzare la Convenzione di Palermo come base giuridica per un'efficace cooperazione internazionale finalizzata al sequestro, alla confisca dei guadagni illeciti indipendentemente dalla condanna penale.