Uno showman dalla personalità più grande della verità. Imprenditore immobiliare, playboy, poi imbonitore televisivo e infine, contro ogni previsione, per quattro anni capo della Casa Bianca. Dalla casetta in stile Tudor del quartiere middle class di Jamaica a Queens, ai fasti dello Studio Ovale, la parabola di Donald J. Trump, 45esimo presidente degli Stati Uniti, attraversa nel bene e nel male la storia recente dell'America. Uomo d'affari miliardario o presunto tale, star televisiva di 'The Apprentice' affamato di ratings, da sempre interessato alla politica e promotore di teorie complottiste come quella secondo cui il suo predecessore Barack Obama non sarebbe nato negli Stati Uniti, quattro anni fa Trump, da sempre uno dei personaggi più controversi della scena imprenditoriale newyorchese, aveva fatto il colpo della vita diventando presidente: una scommessa lanciata scendendo teatralmente dalla scala mobile della Trump Tower e vinta conquistando il cuore e la pancia dell'America bianca dimenticata (il "basket of deplorables" della rivale Hillary Clinton) grazie allo slogan 'Make America Great Again' e a comizi oceanici a metà tra politica, vaudeville e show-business. Trump nasce come playboy e imprenditore del cemento, da sempre ossessionato dall'altezza dei suoi grattacieli. Capo di un impero immobiliare ereditato dal padre Fred, che costruiva casette per inquilini middle class purché non fossero di colore, l'inizio della sua ascesa nel mondo del real estate risale ai ruggenti anni '80. Dopo la Trump Tower su Fifth Avenue - di cui occupa un attico arredato in stile Re Sole - costruisce altre torri, hotel di lusso e resort con il leitmotiv dell'oro con cui placca finiture e rubinetti dei bagni. Anche quelli a bordo del Trump Shuttle, il suo aereo personale, ribattezzato ai tempi della prima campagna elettorale 'Trump Force One'. Ma non è tutto oro quel che luccica. Il marchio di fabbrica di The Donald è una strategia aggressiva di brand management, col nome 'Trump' che campeggia ovunque, ma senza riscontro nella realtà, come dimostrano gli ultimi scoop del New York Times sulle denunce dei redditi del presidente: con centinaia di milioni di dollari di debiti legati in gran parte alla gestione delle proprietà della Trump Organization, l'impero di famiglia, casinò in bancarotta di Atlantic City inclusi. Se però c'è una costante nell'incostanza della vita di Trump sono le donne. Delle tre mogli, due vengono dall'est europeo: sia Ivana, la madre di Don Jr, Eric e Ivanka (la figlia preferita), che la slovena Melania Knauss, madre di Barron e attuale First Lady, avevano cominciato come modelle. Americana invece la 'pesca della Georgia' Marla Maples, sposata dopo il divorzio alla Dallas da Ivana, e madre della meno amata (perche' troppo grassa) Tiffany. Tra una moglie e l'altra, e anche durante i matrimoni e le gravidanze delle consorti, ci sono state poi le avventure con starlet e pornostar come Stephanie Clifford (Stormy Daniels) il cui silenzio è stato pagato da Trump attraverso l'avvocato Michael Cohen finito in carcere. Re del politicamente scorretto, oltre che del mattone, Trump ha portato alla Casa Bianca uno stile politico fuori dalle convenzioni e dalle righe. Ha flirtato con dittatori e leader autoritari come il nordcoreano Kim Jong-un, il turco Erdogan, il brasiliano Bolsonaro, con i sauditi e il filippino Duterte. Ha corteggiato Vladimir Putin anche se l'assist del russo nelle elezioni del 2016, a lungo indagato dall'ex capo dell'Fbi Robert Muller, non è mai stato veramente provato. A metterlo al tappeto stavolta non è stato solo Joe Biden, ma anche il virus "venuto dalla Cina", che lo ha infettato in ottobre, con devastanti conseguenze sull'economia: soltanto oggi un nuovo record di 132 mila contagi, da marzo 237 mila morti e decine di milioni di disoccupati.