Lunedì 23 Dicembre 2024

Biden mette subito nel mirino Russia e Cina

Joe Biden mentre pronuncia il giuramento da presidente degli Stati Uniti

Joe Biden mette subito nel mirino la Russia e la Cina mandando i primi duri segnali alle due superpotenze rivali. Il primo è contro la repressione di Mosca delle manifestazioni a favore dell’oppositore Alexiei Navalny. Il secondo contro le «intimidazioni» cinesi a Taiwan, nel giorno in cui i bombardieri di Pechino hanno sorvolato lo spazio aereo dell’isola che il Dragone vorrebbe riportare sotto le proprie ali, dopo la stretta su Hong Kong. Nel frattempo prosegue le sue prime telefonate ai leader alleati: dopo quelli dei due Paesi vicini (Canada e Messico) e della Gran Bretagna, con cui vuole rafforzare la «special relationship», gli europei con l’appuntamento telefonico con il presidente francese Emmanuel Macron annunciato dall’Eliseo. Il neopresidente americano vuole ribaltare la linea compiacente di Trump verso lo "zar" Vladimir Putin. E se da un lato è pronto a prorogare per altri cinque anni il trattato Start per il controllo degli arsenali nucleari, dall’altro si prepara a nuove sanzioni sulle interferenze russe nelle elezioni, sui cyber attacchi, sull'avvelenamento di Navalny e sulla violazione dei diritti umani.

La repressione di Mosca

Ignorando le accuse del Cremlino all’ambasciata americana di aver interferito negli affari interni per aver pubblicano le aree della protesta (da evitare, ndr), il dipartimento di Stato ha «condannato con forza l'uso di metodi brutali contro manifestanti e giornalisti in questo weekend in diverse città della Russia», chiedendo a Mosca di rilasciare «in modo incondizionato» Navalni e «tutte le persone detenute per aver esercitato i loro diritti universali». Washington ha ricordato che tali diritti sono scolpiti «non solo nella costituzione russa ma anche negli impegni di Mosca verso l'Osce e verso la dichiarazione universale dei diritti umani, nonchè nei suoi obblighi in base al Patto Internazionale sui diritti civili e politici». E ha promesso di «stare a fianco dei nostri alleati e partner in difesa dei diritti umani», alla vigilia del Consiglio europeo che deve decidere eventuali sanzioni.

"Intimidazioni" cinesi a Taiwan

Duro anche l’attacco del dipartimento di stato al Dragone, dopo la condivisione dell’accusa di genocidio contro gli uiguri: «gli Stati Uniti osservano con preoccupazione i tentativi in corso da parte della Repubblica Popolare cinese di intimidire i suoi vicini, inclusa Taiwan. Sollecitiamo Pechino a cessare le sue pressioni militari, diplomatiche ed economiche contro Taiwan. Noi saremo schierati con amici e alleati per promuovere la nostra comune prosperità e sicurezza nell’area dell’Indo-Pacifico e questo include un rafforzamento dei nostri legami con la democratica Taiwan». La questione della riunificazione ricorre spesso nei discorsi ufficiali di Xi Jinping e negli ambienti diplomatici si teme che il presidente cinese possa far salire la tensione nello stretto di Taiwan proprio quest’anno, in occasione del centesimo anniversario della fondazione del partito comunista.

Linea dura

Il neo segretario di Stato Anthony Blinken, che dovrebbe essere confermato a breve, condivide la linea dura di Trump contro la Cina, anche se con metodi diversi e coinvolgendo gli alleati. Blinken, il suo dipartimento di stato e il consiglio di sicurezza nazionale hanno già tracciato altre linee di politica estera: rafforzare e ampliare gli accordi di Abramo tra Israele e i Paesi Arabi (oggi lo Stato Ebraico ha inaugurato l’apertura della sua ambasciata ad Abu Dhabi), un accordo «più forte e più duraturo» con l’Iran sul nucleare, una «nuova strategia» contro la minaccia nordcoreana, la revisione dell’accordo di pace siglato da Trump con i talebani in Afghanistan, il rilancio della Nato e delle relazioni con gli alleati europei. Ma senza rinunciare ad alcune politiche commerciali dell’'America first’ di Trump, come il 'Buy America» che Biden rafforzerà lunedì, con altri ordini esecutivi.

leggi l'articolo completo