Almeno 170 donne, per lo più studentesse e lavoratrici precarie, hanno denunciato di essere rimaste incinte nonostante assumessero una pillola anticoncezionale messa a disposizione dallo Stato negli ospedali pubblici del Cile. Le autorità e i laboratori hanno riconosciuto che il prodotto, la pillola Anulette CD, era difettosa ma al momento escludono risarcimenti. A questo punto, per far valere i propri diritti di donne e di consumatrici, molte di loro si sono unite e hanno presentato una domanda collettiva di risarcimento dagli anticoncezionali difettosi. Il quotidiano cileno on line "Cooperativa" ha riferito che almeno 111 si sono rivolte alla Corporazione nazionale dei consumatori ed utilizzatori del Cile (Conadecus) che ha presentato una class action contro i due laboratori che fabbricano la pillola incriminata, Silesia e Andromaco. «Elaborare e distribuire prodotti difettosi rappresenta una violazione del diritto alla sicurezza del consumatore», scrive Codadecus ciotando le «conseguenze patrimoniali e morali per ciascuna gestante» e stimando un danno individuale di circa 286 milioni di pesos (circa 335 mila euro). Il ricorso è stato presentato il 28 marzo al quinto tribunale civile di Santiago. Nel ricorso si fa riferimento a «negligenze gravi nel confezionamento delle pillole. Tra queste, la sostituzione di compresse attive con placebo, che hanno generato l’interruzione del trattamento contraccettivo, come stabilito dall’Istituto di sanità pubblica nella sanzione applicata ai laboratori». «Questa richiesta non sostiene in ogni caso che la futura nascita di un bambino o di una bambina sia un danno risarcibile, poiché la vita umana non può essere considerata un danno. Ciò che è richiesto è il risarcimento delle conseguenze finanziarie e morali derivanti dalla privazione del diritto di ogni donna di autodeterminarsi dal punto di vista riproduttivo, diritto che l’azione negligente degli imputati le ha tolto», ha argomentato l’avvocatessa Marìa Jimena Orrego, che porta avanti la domanda collettiva nella sede civile competente. Per la maggior parte delle ragazze e donne coinvolte, la gravidanza avrà risvolti drammatici sulla propria esistenza quale l’interruzione degli studi, la perdita del lavoro, le spese di mantenimento dei figli, la loro istruzione, il danno morale per la perdita di integrità psichica e di autonomia riproduttiva. A febbraio l’Istituto di sanità pubblica del Cile (Isp) ha obbligato i laboratori coinvolti a pagare 66 milioni di pesos (77.300 euro) di risarcimento a ciascuna donna, ma il gruppo tedesco Grunenthal al quale fanno capo potrebbe rispondere a tale richiesta per le vie legali. In Cile è in corso un dibattitto su un disegno di legge che prevede la depenalizzazione dell’aborto volontario entro la 14esima settimana, come chiesto a gran voce da donne ed attivisti impegnate in una lunga battaglia per i propri diritti. Ad oggi l’ordinamento cileno permette l’interruzione di gravidanza in base a una legge del 2017, che lo contempla solo in presenza di tre condizioni: rischio di vita per la madre, malformazioni del feto con possibili conseguenze letali e gravidanza a seguito di una violenza sessuale. (AGI)