Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Delhi al collasso, la variante indiana adesso spaventa l'Europa. Primo caso in Svizzera

Delhi al collasso, la variante indiana adesso spaventa l'Europa: un primo caso della variante del Covid-19 che sta contribuendo all’esplosione dell’epidemia in India è stato rilevato in Svizzera, ha annunciato oggi l'autorità sanitaria pubblica. «Il primo caso della variante indiana del Covid-19 è stato scoperto in Svizzera», ha detto in un tweet l’Ufficio federale della sanità pubblica, aggiungendo che la variante del virus è stata trovata in una persona in transito in uno degli aeroporti del Paese.

Intanto, la sanità indiana è al collasso a causa dell’esplosione dei contagi da Covid-19, che hanno segnato per il secondo giorno consecutivo un record mondiale a 332.730 casi in 24 ore, con 2.263 nuovi decessi. Negli ospedali manca l’ossigeno, i reparti di terapia intensiva traboccano, alcuni pazienti rimangono senza cure per ore e i crematori sono costretti ad allestire enormi pire funerarie per smaltire il gran numero di cadaveri. Un’ulteriore nota tragica in una situazione già fuori controllo è l’incendio divampato in un ospedale di Mumbai, dove 13 pazienti sono morti tra le fiamme.
Per intuire le proporzioni dell’emergenza è sufficiente il recente tweet di Max Smart Hospital & Max Hospital Saket, una delle maggiori catene di ospedali privati in India, che ha lanciato un «SOS», avvertendo di avere scorte di ossigeno «sufficienti per meno di un’ora» e «oltre 700 pazienti che necessitano assistenza immediata».
Il primo ministro, Narendra Modi, ha convocato tre tavoli di crisi per discutere con i governatori degli Stati più colpiti e i produttori di ossigeno come approvvigionare gli ospedali. Tra le ipotesi allo studio c'è anche l’esproprio di ossigeno utilizzato per scopi industriali. E un’altra priorità è la lotta al sempre più fiorente mercato nero delle medicine essenziali.

Le nuove varianti rilevate in India, che hanno condotto molti Paesi a chiudere i collegamenti aerei con il subcontinente, spiega solo in parte l’esplosione del contagio. La recente ondata di restrizioni - con New Delhi e gli Stati del Maharashtra e di Uttar Pradesh in lockdown - è infatti tardiva. Nei mesi scorsi i protocolli di sicurezza sono stati molto laschi e l’obbligo di mascherina è stato imposto in modo sporadico. Nè sono stati scoraggiati i grandi assembramenti, in un Paese popolatissimo. La celebrazione indù del Kumbh Mela, che culmina con un bagno collettivo nelle acque del Gange, due settimane fa ha raccolto milioni di persone. Shravan Rothod, celebre compositore di colonne sonore, si è ammalato ed è morto poco dopo essere tornato dal festival.
Il risultato è che la Corte Suprema indiana ha definito «un’emergenza nazionale» e uno dei principali virologi indiani, citato dalla Bbc, «un collasso completo del dannato sistema».

«In vent'anni di lavoro nei reparti di terapia intensiva non ho mai visto niente del genere, mai», ha dichiarato all’emittente britannica Saswati Sinha, un medico specializzato della città di Kolkata, dove i reparti di medicina d’urgenza sono stracolmi. «Riceviamo chiamate dirette da pazienti, conoscenti o vicini che ci implorano di accogliere qualche congiunto ma purtroppo la situazione è tale che, anche se cerchiamo di fare il nostro meglio, abbiamo ancora un numero enorme di pazienti che non siamo in grado di inserire».

Atul Gogia, consulente dell’ospedale Sir Ganga Ram di Delhi ha parlato di un «enorme aumento dei pazienti» che l’attuale capacità ospedaliera non riesce a contenere. «Non abbiamo tanti punti ossigeno», ha spiegato Gogia alla Bbc, «i pazienti arrivano con i loro cilindri per l’ossigeno o senza ossigeno. Vogliamo aiutarli ma non ci sono abbastanza letti e non ci sono abbastanza punti ossigeno per fornirlo nemmeno quando c'è».
«Tutte le nostre linee telefoniche sono intasate. La gente continua a chiamare senza interruzione il numero d’emergenza», ha proseguito Gogia, «c'è un grande viavai fuori dall’ospedale, con ambulanze parcheggiate, pazienti che attendono di essere scaricati ma il problema è che non c'è spazio. Proviamo a dimettere il prima possibile i pazienti stabili per accelerare il ricambio ma al momento è difficile».

Caricamento commenti

Commenta la notizia