Le compagne di scuola raccontano che sognava di diventare poliziotta. Neha Paswan, 17 anni, si vestiva come tante coetanee del suo paese, in bilico tra contemporaneità e tradizioni retrograde: indossava jeans e maglietta, invece del sari o del completo femminile con la lunga blusa e i pantaloni larghi. Ma, contrariamente alle giovani delle metropoli, Neha viveva a Savreji Kharg, un villaggio nel distretto di Deoria, una delle regioni più arretrate dell’Uttar Pradesh.
I nonni paterni spesso la rimproveravano perché con quell'"audace" abbigliamento osava prendere parte alle preghiere e facevano pressioni affinché lasciasse gli studi. Qualche giorno fa, la ragazza è stata ritrovata cadavere. È stata la madre, Shakuntala Devi Paswan, a far scattere le ricerche dopo avere denunciato alla polizia locale che il nonno paterno e alcuni zii avevano picchiato sua figlia fino a tramortirla, e poi avevano promesso di condurla in ospedale. Ma in ospedale Neha non è arrivata mai: il suo corpo, privo di vita, era appeso a un ponte, a qualche chilometro di distanza dal villaggio. L’autopsia ha rivelato che la ragazza aveva avuto il cranio spaccato dalle bastonate. L’ennesima tragica vicenda di un’India che lotta contro il persistere di una cultura patriarcale e violenta, sta facendo il giro del mondo, dopo che la BBc l’ha rilanciata, oggi, sul suo sito.
Dopo la denuncia della madre di Neha, che cresce i figli da sola perché il marito, Amarnath Paswan, lavora in Punjab, la polizia ha arrestato quattro persone, il nonno paterno, due zii e l’autista che ha portato via la ragazza, e ne ha incriminate altre sei, sospettate di avere avuto un ruolo attivo nell’omicidio. La violenza contro le donne, soprattutto quella tra le mura domestiche, è tuttora un fenomeno endemico nel paese, soprattutto nelle zone rurali, le più arretrate. La rete pullula di video che, purtroppo inutilmente, denunciano questi episodi inaccettabili e ricevono commenti indignati. Le associazioni conto al violenza sulle donne denunciano che la Polizia arresta i presunti colpevoli, spesso con ritrosia; ma che, altrettanto spesso, li rilascia dopo poco, senza processo o condanna.
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