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Afghanistan, toni accomodanti dei talebani e apertura al mondo occidentale

Zabihullah Mujahid

L’impegno per i diritti delle donne, ma nell’ambito della Sharia; lo stop alla produzione di droga e oppio; l’assicurazione che l’Afghanistan non ospiterà più combattenti di Al Qaeda e la promessa di non vendicarsi con nessuno. La prima conferenza stampa dei talebani a Kabul, dopo la conquista del potere, ha toni accomodanti e di apertura verso le richieste provenienti dal mondo occidentale. Gli islamisti sottolineano che «la guerra è finita» perché «tutti sono perdonati». La volontà, ora, è quella di «non avere nemici interni o esterni» e che la vita possa continuare in condizioni di normalità. Intanto, il premier britannico Boris Johnson apre ad un riconoscimento dei talebani, «su base internazionale e non unilaterale» comunque «soggetto al rispetto degli standard concordati internazionalmente sui diritti umani e dell’inclusione». Un riconoscimento è «prematuro», commenta la Casa Bianca, mentre Justin Trudeau, premier di un altro Paese del G7, il Canada, avverte che non riconoscerà mai un governo degli insorti. Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, al termine del consiglio esteri Ue, ha ammesso che «i talebani hanno vinto e ora dovremo parlare con loro».

Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid ha definito la vittoria delle ultime settimane come «un orgoglio per la Nazione». Davanti ai giornalisti stranieri ha spiegato come i talebani «siano cambiati rispetto a vent'anni fa», quando governavano l’Afghanistan, e di «essersi evoluti». Nello specifico ha spiegato come in termini di «esperienza, maturità e visione, vi è una grande differenza». Quello che invece non cambia è il fatto per cui «il nostro Paese è una nazione musulmana, lo era 20 anni fa e lo è adesso». Non è un caso, infatti, che abbia iniziato l’incontro con i media recitando versi del corano.

Il prossimo emirato islamico in Afghanistan non dimenticherà dunque le donne e farà passi avanti rispetto al passato. «Le nostre sorelle - ha detto ancora il portavoce - potranno beneficiare dei loro diritti. Possono svolgere attività in diversi settori e aree diverse sulla base delle nostre norme e regolamenti, dell’istruzione, della salute e di altre aree e faranno parte del governo. Lavoreranno con noi, e vorremmo rassicurare la comunità internazionale: non ci sarà alcuna discriminazione contro le donne, ma ovviamente sempre all’interno dei quadri che noi abbiamo». Una promessa che sembra ancora non convincere le dirette interessate, almeno secondo le Ong presenti a Kabul che raccontano di donne chiuse nelle cantine, nascoste per fuggire alla vendetta di chi intende punirle per aver studiato, per aver lavorato, per aver cercato un ruolo nella società.
La conferenza stampa di Kabul è stata inoltre preceduta da un’altra importante notizia. Il mullah Abdul Ghani Baradar, cofondatore dei talebani, è arrivato in Afghanistan da Doha dove ha diretto l’ufficio politico del movimento. «Una delegazione guidata dal mullah Baradar ha lasciato il Qatar e ha raggiunto il nostro amato Paese questo pomeriggio atterrando all’aeroporto di Kandahar», è stato proclamato su Twitter. Una figura importante, anche ingombrante, che conferma ancor di più il passaggio di testimone alla guida dell’Afghanistan e la volontà di costituire al più presto un nuovo governo.
Il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha chiesto all’Ue di «mettere a punto» su migranti e rifugiati «una risposta comune, anche in questo caso in stretto raccordo con i partner della regione, a cui andrà contestualmente assicurato il necessario sostegno».
Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha puntato il dito contro le autorità afghane, accusandole di quel «fallimento» che ha portato alla «tragedia» di questi giorni. «La grande domanda è perché le forze locali che abbiamo formato per 20 anni e sulle quali abbiamo investito e sacrificato vite non siano riuscite a fermare i talebani, a raggiungere una soluzione pacifica e abbiano collassato tanto in fretta», si è chiesto Stoltenberg, riecheggiando la delusione già espressa ieri dal presidente Usa Joe Biden. Per la Nato ora «la priorità è quella di evacuare le persone al più presto, un compito reso difficile dalla situazione e al quale sono dedicate centinaia di persone 24 ore su 24».
In questo discorso solo una voce, alquanto debole, sembra fuoriuscire dal coro. E’ quella del vice presidente del deposto governo afghano, Amrullah Saleh, che ha annunciato su Twitter di essere fisicamente presente in Afghanistan e di essere quindi il «legittimo presidente ad interim» dopo che Ashraf Ghani è fuggito dal Paese quando i talebani hanno conquistato Kabul.

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