Lunedì 23 Dicembre 2024

Gran Bretagna: dubbi degli scienziati sulla terza dose e sul vaccino ai bambini

Crescono i dubbi e gli interrogativi ai massimi livelli della comunità medica britannica sulla prospettiva di un terzo richiamo di massa ravvicinato per vaccini anti Covid, come su quella di un’estensione diffusa della profilassi ai bambini o ai ragazzi sotto i 16 anni. A sottolinearlo in questi giorni è fra l’altro l'autorevole Bbc, affidando al responsabile del suo desk scientifico la raccolta di una serie di pareri di accademici di alto livello nel Regno Unito, alcuni dei quali consulenti del governo di Boris Johnson in materia di pandemia. Il dibattito prende piede in un momento topico della campagna di vaccinazione nazionale, che in Gran Bretagna ha avuto una delle coperture più vaste e rapide al mondo per le prime due dosi. E mentre in Israele la terza somministrazione è già iniziata a vasto raggio (decidendo di abbassare l’età agli over 30 che abbiano ricevuto le prime due dosi Pfizer almeno cinque mesi prima), negli Stati Uniti partirà ufficialmente a breve, (malgrado le riserve della stessa Oms, che vorrebbe privilegiare in questa fase prima la concentrazione delle forniture disponibili ai Paesi poveri o poco vaccinati in assoluto), e il governo Johnson si riserva ufficiosamente di metterla in moto a settembre almeno per «i vulnerabili e gli over 50». Una domanda che sino a un anno fa veniva vista come pura eresia - se sia meglio l’immunità generata dopo un’infezione naturale da coronavirus o dopo la vaccinazione - oggi diventa del resto importante nel giudizio di non pochi esperti d’oltre Manica per valutare il futuro approccio dei richiami da raccomandare o meno alla popolazione nell’immediato. Per il professor Adam Finn, pediatra e vaccinologo di fama all’università di Bristol, oltre che consulente del governo, "sovraesporre" i cittadini a troppe dosi senza avere la sicurezza del risultato migliore e soprattutto senza dei limiti di tempo non appare consigliabile in questa fase. Mentre anche la professoressa Eleanor Riley, immunologa nell’ateneo di Edimburgo, esprime riserve sulla proposta di richiami generalizzati a cadenza annuale. L’idea di ripristinare regolarmente l’immunità per tutta la vita non viene d’altronde perseguita in modo univoco per altre infezioni, come l’Rsv (virus respiratorio sinciziale) o altri quattro coronavirus che causano i comuni sintomi del raffreddore; né ci sono dubbi sul fatto che si ottenga una risposta immunitaria ancor più ampia dopo essere stati infettati dal Covid rispetto alla vaccinazione. Sia che sia stato iniettato Moderna, Pfizer o AstraZeneca, il corpo umano impara a individuare la sola proteina spike, sottolineano gli studiosi. E questo ha permesso di raggiungere risultati straordinari nel contrastare il virus e nell’evitare l'ospedalizzazione, quindi le forme più gravi. Ma resta sempre il rischio delle varianti, secondo Riley, nonché l’incognita rappresentata dalla durata della protezione immunitaria vaccinale, in un quadro in cui preoccupano tanto la variante Delta, quanto le mutazioni che si potranno generare in futuro. Per quanto riguarda il vaccino ai bambini, la questione appare aperta. Finn frena notando come molti di coloro che si sono infettati in questa fascia d’età risultano aver subito in effetti conseguenze blande o nulle. Sia Riley, sia il professor Peter Openshaw, dell’Imperial College London, ricordano tuttavia i casi di «long Covid» registrati pure fra i più piccoli e i danni che la malattia può provocare in alcuni casi sugli organi in via di sviluppo. Intanto la UK Health Security Agency, legata al servizio sanitario pubblico britannico, ha lanciato questa settimana un programma di test per gli anticorpi fai da te rivolto a chi ha contratto il coronavirus per monitorare in particolare la tenuta dell’efficacia dei vaccini a medio termine: è possibile sottoporvisi tramite un kit inviato direttamente a casa per verificare lo stato delle proprie difese immunitarie prima e dopo aver contratto l’infezione.

leggi l'articolo completo