Lunedì 23 Dicembre 2024

Covid, la variante sudafricana chiamata Omicron: ha 32 mutazioni. Vaccino in 3 mesi, ma 9 per usarlo

Allarme nel mondo intero per la nuova variante del virus SarS-CoV2 isolata in Sud Africa, che con le sue 32 mutazioni già scoperte triplica quelle della Delta. Finora conosciuta con la sigla B.1.1.529, oggi l’Oms l’ha denominata Omicron, classificandola come «preoccupante». A suscitare forti timori sono le possibilità che sia molto più contagiosa delle altre e che riesca a neutralizzare l’efficacia dei vaccini. A conferma dell’impennata del livello di allerta, la riunione convocata per oggi stesso del Technical Advisory Group dell’Organizzazione mondiale della sanità a Ginevra.

Omicron, trasmissibilità molto elevata ma non a un’infezione più grave

Intanto il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) fornisce alcune informazioni preliminari secondo cui Omicron potrebbe essere associata a una trasmissibilità molto elevata, a un indebolimento dell’azione dei vaccini ma non a un’infezione più grave. Dal canto suo l'Agenzia europea del farmaco (Ema) afferma che per il momento è "prematuro" prevedere se per la B.1.1.529 sia necessario un adattamento dei vaccini. Sulla rivista scientifica Nature la virologa Penny Moore, dell’Università del Witwatersrand a Johannesburg, chiarisce che sono necessarie circa due settimane per capire se e fino a che punto la nuova variante sia in grado di sfuggire agli anticorpi generati dai vaccini anti Covid, così come alle difese dovute all’attivazione delle cellule T del sistema immunitario.

Ecco perché potrebbe ingannare i vaccini

Massimo Zollo, genetista dell’Università Federico II di Napoli e coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge avverte che la B.1.1.529 potrebbe ingannare i vaccini perché sulla proteina Spike presenta un numero molto alto di mutazioni: per questo è necessario potenziare il tracciamento e accelerare la burocrazia per l’approvazione dei nuovi farmaci antivirali che bloccano la replicazione del virus nelle cellule. «Sono molto preoccupato da questa variante che ha tutte le carte in regola per essere più aggressiva delle precedenti: l’elevato carico di mutazioni sulla proteina Spike potrebbe renderla irriconoscibile agli anticorpi generati dai vaccini», spiega. Le case farmaceutiche però non si fanno trovare impreparate e a stretto giro di posta Pfizer e BioNtech fanno sapere che stanno già studiando Omicron e contano di avere i primi risultati «al più tardi entro due settimane». Non solo: «nel caso emerga una variante che sfugga al vaccino saranno in grado di sviluppare e produrre un immunizzante su misura in circa 100 giorni, previa approvazione normativa». Ma tra il lavoro scientifico e quello di approvazione degli enti regolatori una dilatazione dei tempi potrebbe esserci.

Potrebbero essere necessari nove mesi per avere un vaccino aggiornato

Secondo il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca, potrebbero essere necessari nove mesi per avere un vaccino aggiornato contro la B.1.1.529. In media sono necessari da due a tre mesi per progettare il vaccino aggiornato e metterlo in produzione, a questo periodo vanno aggiunti i circa sei mesi necessari per i trial clinici: «Entro l’anno potrebbero arrivare i vaccini aggiornati contro le varianti Alfa, Beta e Gamma, mentre l’arrivo di quello contro la Delta non è previsto prima della primavera», osserva il virologo. Nonostante i tempi piuttosto ampi - sottolinea lo scienziato - è opportuno seguire la via degli aggiornamenti perchè «si è visto che l’evolversi delle varianti nasce dall’accumulo di precedenti mutazioni. Per questo, avere anche un aggiornamento parziale del vaccino potrebbe garantire una maggiore protezione». Come dire che con l’arrivo dei vaccini aggiornati contro Alfa, Beta e Gamma, sarebbe possibile avere una protezione contro alcune delle mutazioni presenti nella nuova variante B.1.1.529.

Per la prima volta all’Oms segnalata dal Sudafrica il 24 novembre 2021

Il National Institute for Communicable Diseases (NICD) sudafricano, l’istituto pubblico di riferimento sulle malattie infettive scrive che «una parziale elusione della risposta immunitaria è probabile, ma è altrettanto probabile che i vaccini offriranno ancora alti livelli di protezione contro il ricovero e la morte». Omicron è stata segnalata per la prima volta all’Oms dal Sudafrica il 24 novembre 2021.

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