Progressi incoraggianti in Australia, con l’ausilio di uno speciale gruppo di topi geneticamente modificati, nella ricerca di un vaccino universale contro il Covid-19, a prova di varianti. I topi sono stati inoculati con proteine di trasporto (carrier proteins) come elementi costitutivi di una nuova generazione di vaccini resistenti a qualsiasi variante di SARS-CoV-2. E’ questo l'obiettivo dei ricercatori del Laboratorio di Immunogenomica del Garvan Institute di Sydney e del Westmead Institute for Medical Research. I risultati - riferisce l’emittente nazionale Abc - stanno per essere sottoposti per la pubblicazione peer reviewed. E mostrano come i potenziali vaccini possano essere efficaci nello stimolare il sistema immunitario in pazienti già contagiati dal Covid e in via di recupero. I topi usati nelle sperimentazioni sono allevati in un ambiente controllato libero da patogeni, così che il loro sistema immunitario non è stato innescato da esposizioni ad alcun altro virus. Non vengono infettati con Covid-19, ma vengono immunizzati con diverse proteine di trasporto, ottenute da una base dati di 192 mila differenti coronavirus e loro mutazioni. Le singole cellule vengono poi studiate per determinare in laboratorio quali anticorpi i topi abbiano prodotto. «Stiamo usando una tecnologia d’avanguardia», dichiara la ricercatrice del Garvan Institute, Deborah Burnett, all’emittente nazionale Abc. «Se la pandemia di Covid avesse colpito cinque anni fa, non saremmo stati in grado di ottenere i risultati che possiamo avere ora», aggiunge. «Abbiamo accesso a questi topi straordinari che sono stati geneticamente modificati per produrre risposte pienamente umane di anticorpi alle vaccinazioni. Questo ci dà la possibilità di esplorare cose che prima erano molto difficili da studiare se non in sperimentazioni umane». I ricercatori ricorrono ad un algoritmo che esamina la composizione genetica di un virus e identifica le porzioni stabili di SARS-CoV-2, che sono essenziali per la sua capacità di mutare e sopravvivere. L'algoritmo ha identificato correttamente regioni del virus che evitano l’80% delle mutazioni trovate in Alpha, Beta, Delta e Omicron. Questo suggerisce che tali aree del virus rimangono stabili attraverso tutte le varianti. L’ipotesi di lavoro è che se un vaccino può stimolare anticorpi per attaccare tali proteine, allora può neutralizzare anche qualsiasi mutazione che emerga di Covid-19. I vaccini correnti operano invece in direzione opposta. Identificano le proteine Spike che sono uniche di una particolare variante e quindi disattivano quella variante colpendo la proteina specifica. Ma quando emerge ancora una nuova variante, come Omicron ha ampiamente dimostrato, i vaccini correnti non sono più ottimali, spiega ancora Burnett.