Ha assistito allo stupro della madre e della sorella minore da parte dei soldati russi, ha visto con i suoi occhi mentre venivano picchiate e poi è rimasta per 4 giorni accanto ai cadaveri dei suoi familiari. E’ lo shock vissuto da una diciassettenne ucraina, che ha raccontato di essere stata risparmiata perché «brutta». La giovane è riuscita a riferire la sua drammatica storia agli psicologi di una linea telefonica speciale creata nel paese dal commissario per l’assistenza psicologica riservata e poi insieme alla nonna ha dato il permesso di renderla pubblica. La sua testimonianza è stata quindi diffusa dalla commissaria per i diritti umani del Parlamento ucraino Lyudmila Denisova sul suo profilo Telegram. Tutto è successo a Irpin, città a nord ovest di Kiev già teatro di altre atrocità commesse dai russi, come i carrarmati passati sopra i corpi delle persone uccise. La ragazza ha raccontato di aver visto «tre occupanti razzisti violentare davanti ai suoi occhi la madre e la sorella minore di 15 anni. Sono state picchiate e violentate con particolare crudeltà. Entrambe sono morte», si legge nel resoconto riportato da Denisova. «In uno stato di shock psicologico, la giovane è rimasta nella casa insieme ai cadaveri per 4 giorni. Dopo la liberazione della città - prosegue il racconto - è stata in grado di raggiungere la nonna. Ha detto che mentre i suoi parenti venivano uccisi lei è stata trattenuta ma non è stata toccata, 'perché sono bruttà. Hanno detto 'falla vivere e passa agli altrì». Con la ragazza «ora lavorano i nostri psicologi», spiega ancora Denisova, che denuncia come ogni giorno nei territori liberati dai russi emergano nuove prove «degli orribili crimini sessuali condotti dai razzisti». Dal primo aprile più di 400 persone hanno chiamato la linea telefonica speciale creata con il supporto dell’Unicef, riferisce Denisova, precisando che la maggior parte delle richieste di aiuto sono legate ai crimini sessuali commessi dai soldati russi. Le vittime degli stupri sono «principalmente donne, ma ci sono anche molti bambini e uomini», dice in un’intervista una psicologa e psicoterapeuta che lavora per la linea telefonica, Oleksandra Kvitko. «Le prime vittime di violenze sessuali hanno cominciato a rivolgersi a me qualche tempo dopo la liberazione della regione di Kiev - aggiunge -. Sono passati tre o quattro giorni e le chiamate sono iniziate e non finiscono ancora».