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La ragnatela di Hamas, 500 chilometri di tunnel. Profondi fino a 45 metri: riescono a passarci anche asini e motociclette

Intricato, fitto e lungo come la tela di un ragno. Dopo essere stata rilasciata, l’85enne Yocheved Lifshitz ha descritto così il sistema di tunnel che attraversa Gaza e offre un riparo e una copertura militare ad Hamas. Una rete che si articolerebbe per oltre 500 chilometri, anche se è difficile stabilirne l’estensione in modo accurato. «Hanno iniziato a dire di aver distrutto 100 km di gallerie di Hamas. Vi dico che i tunnel che abbiamo nella Striscia superano i 500 km», spiegò nel 2021 Yahya Sinwar, leader della milizia a Gaza e ricercato numero uno. Un’informazione confermata anche dall’esercito israeliano. Con entrate vicino a edifici civili, case e scuole, i cunicoli sono apparsi molto prima che la milizia palestinese prendesse il potere nella Striscia dopo la guerra intestina con Fatah, finita nel 2007. Servivano principalmente per il contrabbando con l’Egitto: con la caduta dei Fratelli musulmani molti sono stati chiusi o destinati ad altro, ma sono comunque oltre mille, dichiarava la milizia qualche anno fa.

Dopo la presa della Striscia da parte di Hamas, e il conseguente rafforzamento dello stato d’assedio israeliano, le gallerie sono diventate uno strumento fondamentale per la milizia, soprattutto per il braccio militare delle brigate al Qassam. Profonde fino a 45 metri, anche se alcuni commentatori dicono che possono arrivare ancora più in basso, in diversi tratti sono così larghe da far passare anche asini e motociclette. Poco più di dieci anni fa Israele ne scoprì una che da Gaza arrivava nel suo territorio percorrendo un tragitto di circa 2,5 chilometri sotto 20 metri di terra. La «metropolitana» - come viene spesso chiamata - consente le comunicazioni da una parte all’altra di Gaza e funziona come deposito di viveri e armi, grazie alla capacità di chi le ha costruite, spesso usando il cemento armato. Ma soprattutto la rete permette di fare incursioni nel territorio dello Stato ebraico e di piazzare esplosivi sotto le posizioni israeliane. Esemplare il rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, poi rilasciato in uno scambio di prigionieri, che era stato catturato nel 2006 dopo che i militanti palestinesi entrarono nello Stato ebraico vicino al valico di frontiera di Kerem Shalom. Nel 2014 l’operazione israeliana Margine di protezione fu lanciata anche per scardinare le difese sotterranee di Hamas, molti soldati delle Forze di difesa israeliane (Idf) morirono nel tentativo. Oggi le Idf bombardano la Striscia nel tentativo di neutralizzarle, anche se non mancano le incursioni terrestri. Per individuare la rete spesso non bastano i radar, ma servono ricognizioni aree. Così le forze israeliane avrebbero scovato il comando centrale dell’organizzazione sotto lo Shifa, il principale ospedale di Gaza City e il più grande della Striscia, che le Idf sostengono venga usato da Hamas per nascondersi e usare i civili come scudo. Una «menzogna», risponde la milizia. Anche la rete è cambiata in questi anni. L’attacco del 7 ottobre scorso ai kibbutz di frontiera ha rivelato come Hamas abbia «significativamente migliorato e rafforzato le sue capacità tattiche», ha spiegato Joel Roskin, un geologo dell’Università Bar Ilan di Israele. «Ciò che è interessante di Hamas - ha detto Roskin - è che il tasso di crescita dei tunnel, non solo in termini di dimensioni ma anche di finalità, ha completato lo sviluppo del concetto operativo dell’organizzazione». Negli ultimi anni, secondo l’esperto, la milizia ha integrato «in molti modi il sistema clandestino" passando da «difensivo a offensivo» in un mix «di guerra militare, guerriglia e terrorismo».

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