L’affaire Dreyfus, evocato oggi dall’ex premier israeliano Naftali Bennett per stigmatizzare le accuse rivolte contro Israele all’Aja, è la pagina più oscura della Terza Repubblica in Francia. Fu uno scandalo giudiziario, con un processo costruito su prove false sullo sfondo di un forte antisemitismo che permeava la società dell’epoca. Tutto comincia nel settembre 1894 con la scoperta, in un cestino dell’ambasciata di Germania a Parigi, di una lettera indirizzata all’attaché militare tedesco, Max von Schwartkoppen. Viene interpretata come il messaggio di un ufficiale francese che fornisce informazioni segrete alle autorità tedesche sui cannoni sperimentati dall’esercito francese. Il comandante dei servizi, Henry, apre un’inchiesta. Sulla base di un sommario confronto della grafia, il 15 ottobre viene arrestato il capitano Dreyfus, 35 anni. Il 22 dicembre il Consiglio di guerra lo condanna alla deportazione a vita sull'Isola del Diavolo, temuta colonia penale al largo della Cayenna, nella Guyana francese. Dreyfus grida la sua innocenza ma in Francia sale un’ondata di antisemitismo, i giornali della destra sono scatenati ed il giovane ufficiale viene additato come l’emblema della responsabilità dei 'juifs' nei mali del Paese. Soprattutto in quegli anni successivi alla sconfitta della Francia nella guerra contro la Prussia e la conseguente cessione dell’Alsazia ai tedeschi, la figura di un ufficiale germanofono, ebreo, sembra incarnare il perfetto colpevole di alto tradimento. I primi dubbi sulla colpevolezza sorgono quando l’ufficiale George Picquart, nel 1896, intercetta una corrispondenza fra il colonnello tedesco von Scwartzkoppen e il comandante francese Esterhazy, la cui scrittura è simile a quella del documento all’origine del caso Dreyfus. La giustizia non fa il suo corso, ma nella coscienza sociale sale il sospetto di essere in presenza di una clamorosa montatura. Sull'affaire scendono in campo gli intellettuali, Emile Zola pubblica sull'Aurore una lettera aperta intitolata 'J'accusè in cui punta l’indice contro il governo e i militari per «lesa umanità» e «lesa giustizia». Un mese dopo Zola viene condannato a un anno di carcere e durante il processo esplodono disordini a Parigi e in molte città di provincia. Il 5 luglio 1898, la moglie di Dreyfus, Lucie, chiede l'annullamento del processo del marito dopo che il ministero della Guerra scopre un falso nel dossier istruito dal comandante Henry. Arrestato, il grande accusatore di Dreyfus confessa tutto e poi si suicida in carcere. Il nuovo processo, nel 1899, macchiato da evidenti irregolarità, conferma la colpevolezza di Dreyfus ma gli concede delle attenuanti e uno sconto a 10 anni di reclusione. Esausto, Dreyfus accetta di rinunciare alla Cassazione in cambio della grazia presidenziale. La riabilitazione arriverà, con l’annullamento del processo originario da parte della Cassazione, soltanto nel 1906.