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La guerra a Gaza: Biden sempre più irritato, nuovo scontro con Netanyahu

Amici-nemici: il presidente Usa Joe Biden e il premier israeliano Benyamin Netanyahu oramai sono in piena rotta di collisione sulla guerra a Gaza. Tanto che il botta e risposta è diventato quasi quotidiano e non riguarda più solo la condotta del conflitto, le prospettive del dopo guerra nella Striscia, ma anche la stessa rappresentanza di Netanyahu all’interno di Israele, come evidenziato di recente dalla vice di Biden Kamala Harris. Mentre Hamas, alla vigilia di Ramadan, è tornato a ribadire le sue richieste per un eventuale accordo, dicendosi aperto ai negoziati ma sapendo che per Israele sono inaccettabili: un cessate il fuoco totale e il ritiro completo dalla Striscia. L’inquilino della Casa Bianca - con un occhio sempre al voto di novembre - ha portato il suo ultimo affondo in un’intervista a Msnbc che ha provocato l’immediata, e piccata, risposta di Netanyahu. Biden ha esordito sottolineando che il premier «ha il diritto di difendere Israele, il diritto di continuare ad attaccare Hamas».

Ma ha ammonito che «deve prestare maggiore attenzione alle vite innocenti perse a causa delle azioni intraprese». «Secondo me sta facendo più male che bene a Israele», ha sintetizzato. Anche sull'annunciata operazione militare israeliana a Rafah, nel sud della Striscia, Biden ha posto dei distinguo definendola per la prima volta «una linea rossa» che Israele non deve superare. Anche se - ha aggiunto con qualche contraddizione - "non lascerà mai Israele. La difesa di Israele è ancora fondamentale» e non gli farà mancare le armi che gli servono a proteggersi. Tuttavia è stato fermo sul fatto che Israele «non può permettere che altri 30.000 palestinesi muoiano come conseguenza della caccia ad Hamas». A stretto giro di posta è arrivata la replica di Netanyahu che, non a caso, ha scelto un sito americano, Politico: Biden "si sbaglia", ha detto facendo diffondere in Israele il testo dell’intervista dal suo ufficio. «Se intendeva dire - ha spiegato - che conduco una politica contro la maggioranza dell’opinione pubblica israeliana e ciò danneggia gli interessi di Israele, allora è sbagliato». «Non è solo la mia politica privata è della stragrande maggioranza degli israeliani», ha incalzato rivendicando di avere il sostegno del Paese.

Poi, ha ribadito che «l'ultima cosa» che Israele deve fare è quella di "mettere a capo di Gaza l’Autorità Palestinese che educa i suoi figli al terrorismo e paga per il terrorismo». «La maggior parte degli israeliani capisce che se non respingiamo completamente il tentativo di imporci uno Stato terrorista palestinese, si torna al massacro del 7 ottobre», ha continuato il premier mettendo di nuovo in chiaro di non voler cedere agli inviti americani, e non solo, per una soluzione a due Stati. A rendere ancora più visibili le differenze tra i due leader è la realtà sul campo dove i negoziati finora sfumati per la tanto attesa tregua a Gaza per il Ramadan e il rilascio degli ostaggi sono in completo stallo, anche se l’Egitto non sembra voler mollare la presa. Il Cairo resta in contatto - hanno assicurato fonti della sicurezza locali - sia con Hamas sia con Israele nel tentativo di riavviare i colloqui. Il leader di Hamas tuttavia è sembrato voler gelare qualsiasi aspettativa. Pur dicendosi disposto a proseguire nel confronto, ha detto che per arrivare all’accordo in tre fasi occorre, con garanzie internazionali, «un totale cessate il fuoco, la fine della guerra a Gaza, il completo ritiro dell’esercito di occupazione da tutto il territorio della Striscia, il ritorno dei profughi nei luoghi di residenza, la ricostruzione della Striscia, gli aiuti umanitari e la fine dell’assedio». Richieste già respinte da Israele. Al 156/o giorno di guerra, l'Idf martella ancora il sud della Striscia, soprattutto Khan Yunis. Una nave militare Usa è intanto partita dalla Virginia verso il Mediterraneo per costruire un molo temporaneo al largo di Gaza per gli aiuti umanitari, come ordinato proprio da Biden.

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