Domenica 06 Ottobre 2024

Colpo di scena in Francia: trionfa la gauche, per Le Pen (terza) "Vittoria rimandata". Si va verso una coalizione: gli scenari possibili

Colpo di scena in Francia: si contavano i seggi mancanti a Marine Le Pen per la maggioranza assoluta ed è invece clamorosamente la gauche a trionfare, con il capo de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, a rivendicare il governo: "Siamo pronti, Macron riconosca la sconfitta, ha il dovere di chiamare il Nuovo Fronte Popolare a governare". Emmanuel Macron e la sua maggioranza uscente non crollano, com'era stato previsto, ma arrivano addirittura davanti all'estrema destra del Rassemblement National di Le Pen, la grande sconfitta dopo il patto di desistenza siglato nei giorni scorsi contro di lei ("La marea continua a salire, la nostra vittoria è solo rimandata", ha commentato la leader in serata). La sorpresa è totale, alla sinistra mancano comunque circa 90 seggi per la maggioranza assoluta, quindi la ricerca di una coalizione resta pienamente attuale. La prima reazione giunta dall'Eliseo è stata la rivendicazione da parte di Macron, per settimane sotto il fuoco delle critiche a 360 gradi, della sua scelta di sciogliere l'Assemblée Nationale: "L'affluenza - a livello record del 67% - dimostra che i francesi dovevano esprimersi". Subito dopo, dall'entourage del presidente è arrivato un invito alla "prudenza", poiché i risultati non garantiscono di poter creare "una coalizione coerente". Il Nuovo Fronte Popolare avrebbe fra i 180 e i 215 seggi, lontano quindi dai 289 seggi necessari per la maggioranza assoluta. E il blocco di centro macroniano, a 150-180, non farà alcuna alleanza che comprenda Mélenchon e i melenchoniani. "Questa è la domanda - insiste l'Eliseo - se una coalizione coerente sia possibile per raggiungere i 289 deputati". Poi, una fonte ufficiale dell'Eliseo ha chiarito che Macron "aspetterà la strutturazione della nuova Assemblée Nationale per prendere le decisioni necessarie. Il presidente, nel suo ruolo di garante delle istituzioni, veglierà sul rispetto della scelta sovrana dei francesi". Le ipotesi che si stanno improvvisando in queste ore sono un governo di unione nazionale orientato verso il centro, con i riformisti della gauche e i Republicains, che hanno ottenuto - senza Eric Ciotti passato con Marine Le Pen - un risultato lusinghiero, ad oltre 60 seggi. Mentre 20 giorni di dibattito sembrano ormai un ricordo - così come i proclami di Le Pen e Jordan Bardella che ancora 48 ore fa dettavano i loro obiettivi in politica estera, sull'Ucraina, o in politica economica e sociale, sull'immigrazione - la gauche già mostra tutte le sue profonde differenze. A tuonare in queste prime ore di commenti sono i vincitori de La France Insoumise, la sinistra radicale che ormai era quasi sicura di rimanere fuori da qualsiasi accordo, con Mélenchon isolato all'opposizione. Da Manon Aubry a Mathilde Panot a Manuel Bompard, i colonnelli di Mélenchon proclamano l'aumento del salario minimo e la pensione a 60 anni, chiedendo le dimissioni immediate del premier Attal. Ma si fanno strada anche i personaggi che, probabilmente, avranno voce nei prossimi giorni nel tentativo di negoziare la coalizione con il centro e la destra moderata, unica soluzione ipotizzabile per il governo. "Stasera siamo in testa - ha detto Raphaël Glucksmann, che ha trascinato ancora in alto il Partito socialista - ma di fronte a un'Assemblée Nationale divisa dobbiamo comportarci da adulti. Bisogna parlare, bisogna discutere, bisogna dialogare", ha insistito, sottolineando che "il cuore del potere è stato trasferito all'Assemblée Nationale, è necessario un cambiamento di cultura politica". Mentre il popolo della gauche si è riversato spontaneamente a place de la République, a Parigi, per festeggiare una vittoria tanto più bella quanto insperata, è un brutto colpo per Marine Le Pen. Dopo qualche portavoce, è comparso sul palco del quartier generale un Jordan Bardella per la prima volta scuro in volto. Ha subito denunciato le "alleanze contro natura" fra i macroniani e la sinistra, che secondo lui hanno provocato la sconfitta del suo partito: "Purtroppo - ha detto - l'alleanza del disonore e i piccoli accordi elettorali fra Macron e Attal con l'estrema sinistra privano" gli elettori di un governo del Rassemblement e "gettano la Francia nelle braccia di Mélenchon". Poi ha reso omaggio, con poca convinzione e non riuscendo a sorridere, "alla dinamica di cui gode il Rn che l'ha portato in testa al primo turno" e gli consente comunque di ottenere un numero storico di deputati, tra 120 e 150. Una magra consolazione stasera, per un partito che era incerto fra il trionfo e la semplice vittoria. Il soffitto di cristallo che impedisce all'estrema destra di governare la Francia è oggi più solido che mai. A questo punto ci si interroga su come ora uscire fuori la Francia dallo spettro di un possibile impasse. Il premier Gabriel Attal ha già annunciato che darà le sue dimissioni. Spetterà quindi al presidente Emmanuel Macron nominare un nuovo primo ministro che proporrà a sua volta la formazione del nuovo governo. Secondo BfmTv sarebbero ora 5 gli scenari possibili:

1 - Governo Nuovo Fronte Popolare

"Emmanuel Macron ha il dovere di invitare il nuovo Fronte popolare a governare", ha detto dopo la vittoria il leader degli Insoumis Jean-Luc Mèlenchon. In assenza di una maggioranza assoluta, i ribelli propongono di approvare parte del loro programma (aumento del salario minimo, blocco dei prezzi, abrogazione della riforma delle pensioni, in particolare) tramite decreto. Ma questo esecutivo potrà sopravvivere solo se non verrà votata una mozione di censura nell’Assemblea Nazionale. La storia di Francia comunque ha dei casi di governi di minoranza che hanno governato nonostante le mozioni di censura: Elisabeth Borne e Gabriel Attal lo hanno fatto per due anni.

2 - Governo Ensemble-Republicains

L'alleanza con i Repubblicani potrebbe consentire ai macronisti di restare a galla. Secondo il conteggio di Elabe, sarebbero in tutto 231 i deputati tra Ensemble, Les Rèpublicains, più altri di destra o dell’UDI eletti all’Assemblea nazionale. «Il Paese è a destra. Dobbiamo governare a destra. E non avere una coalizione con La France insoumise e il Nouveau Front populaire», ha detto a Bfmtv Gèrald Darmanin, ex sostenitore di Nicolas Sarkozy. «Ci stiamo rivolgendo ai repubblicani», ha detto Benjamin Haddad, deputato dell’Ensemble ed ex segretario nazionale dell’UMP, a BFMTV. «Lo dico da due anni, voglio che lavoriamo con loro». Nel caso in cui si raggiunga un accordo, il futuro governo potrebbe però cadere con una mozione di censura votata dal Nuovo Fronte Popolare (182 deputati) e dal Raggruppamento Nazionale (147). A meno che non ci sia un accordo di astensione con alcuni partiti.

3 - Coalizione 'alla tedesca'

Matematicamente, una coalizione PS-Ensemble-LR riunirebbe, ad esempio, 296 deputati, ovvero una maggioranza ristretta. Ma questo, secondo alcuni esperti politici, potrebbe richiedere del tempo. Soprattutto perchè una convivenza di estremi, funzionante dall’altra parte del Reno dove è normale che partiti con ideologie diverse si uniscano una volta noti i risultati elettorali per formare una maggioranza, non ha molta tradizione in Francia. Soprattutto i principali partiti del Nuovo Fronte Popolare sembrano escludere uno scenario del genere.

4 - Governo tecnico

Ciò che resta è lo scenario di un cosiddetto governo tecnico composto da esperti (economisti, alti funzionari pubblici, diplomatici, ecc.) supervisionati da una personalità consensuale a Matignon. Un concetto un pò vago in Francia, mai esistito durante la Quinta Repubblica. La Francia ha conosciuto un governo di unità nazionale che riuniva quasi tutti i partiti (eccetto il PCF) come quello di Michel Debrè (1959-1962). I «tecnici» sono stati effettivamente a capo di governi come Raymond Barre nel 1976 o Jean Castex nel 2020. Ma entrambi avevano un mandato politico e una maggioranza nell’Assemblea.

5 - Crisi istituzionale

Anche il governo tecnico però sarebbe minacciato da un’eventuale mozione di sfiducia. Se quindi nessuno degli scenari precedenti dovesse funzionari la Francia entrerebbe in una crisi istituzionale profonda, con Macron che non sarebbe in grado di sciogliere l’Assemblea fino al 2025.

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