Medio Oriente, l'Iran si prepara: "Vogliamo punire Israele, ma non aumentare le tensioni nella regione"
I segnali che la clessidra stia arrivando agli ultimi granelli ci sono tutti. Oggi gli ambasciatori e i capi missione residenti a Teheran sono stati convocati per un incontro con il ministro degli Esteri iraniano Ali Bagheri Kani: lo scopo era affermare definitivamente la volontà di rispondere a Israele con una rappresaglia. Decisa dalla repubblica islamica in seguito all’uccisione del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh nella foresteria dei pasdaran a Teheran. Che lo ospitavano in occasione dell’insediamento del nuovo presidente. «L'Iran intraprenderà un’azione per punire, ma non cerca di aumentare le tensioni nella regione», ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri Nasser Kanani. Che ha argomentato: «La repubblica islamica, basandosi sul suo diritto intrinseco fondato sui principi del diritto internazionale di punire l’aggressore, intraprenderà un’azione seria e deterrente con forza, determinazione e fermezza». Non sfugge agli osservatori quanto il tempo dei raid stia incombendo pure in relazione alla visita a Teheran del segretario del Consiglio di sicurezza russo Serghei Shoigu, ex ministro della Difesa di Vladimir Putin, che con la teocrazia iraniana mantiene un legame speciale. Anche scambiando armi. Shoigu è arrivato per parlare della sicurezza regionale e globale con il presidente Masud Pezeshkian e il capo di stato maggiore Mohammad Bagheri, Come ha reso noto l’agenzia di Stato russa Tass. Certamente, come sottolineano i media israeliani, "per stringere la cooperazione» nel momento di massima crisi in Medio Oriente. Intanto in mattinata in Israele il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha accolto il capo del Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) Michael Erik Kurilla: «Hanno tenuto una valutazione su questioni strategiche e di sicurezza, nonché preparativi congiunti nella regione», ha riferito l’Idf. Senza dire ovviamente che il compito del capo del Centcom è assicurarsi che la coalizione internazionale sia coordinata e pronta ad ogni eventualità. Poichè per il presidente Joe Biden, quanto per il segretario Antony Blinken, se l’attacco iraniano verrà ben fronteggiato, anche la risposta di Israele sarà minore, e una guerra più ampia verrà evitata. Argomento sul tavolo negli Usa dove Biden tiene una conferenza sulla situazione in Medio Oriente. Nel mentre il governo israeliano ha attivato il silenzio radio. Il gabinetto non è stato convocato, i ministri non hanno ricevuto istruzioni particolari, non c'è stata un’ulteriore valutazione della situazione dopo quella convocata domenica sera dal premier Benyamin Netanyahu e finita dopo mezzanotte. L'esercito in serata in uno stringato comunicato ha reso solo noto che il capo di stato maggiore «ha effettuato una valutazione e approvato i piani per i diversi scenari». Mentre il ministro della Difesa Yoav Gallant in giornata ha usato parole vagamente ambigue: «Siamo preparatissimi in difesa, a terra e in aria, e siamo pronti a muoverci rapidamente per attaccare o rispondere». Non è chiaro insomma se «attaccare" vuol dire prima o dopo gli attesi raid nemici. Uno dei media più prestigiosi del Paese, Haaretz, riferisce le parole di un diplomatico di uno dei Paesi coinvolti nei negoziati con l’Iran e Hezbollah per prevenire o ritardare le rappresaglie: tra i mediatori regna un «totale pessimismo» e «ci si sta preparando a diversi giorni intensi di scambi di colpi, prima che ci sia la possibilità di abbassare la temperatura». Intanto a Teheran, in piazza Palestina, è comparso un cartellone scritto in un ebraico improbabile: «Non c'è sicurezza nemmeno nel rifugio». Per rincarare la dose, un parlamentare iraniano, Mohammad Qasim Osmani, in serata ha dichiarato che per vendicare la morte di Haniyeh, «non accettiamo nulla di meno della morte di Netanyahu», come riferisce la Tass.