«State attenti: molte volte la corruzione può entrare nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie». Così a braccio Papa Francesco rivolgendosi ai vescovi e al clero di Timor Est, incontrati nella Cattedrale dell’Immacolata Concezione di Dili. «Anche il vostro Paese, radicato in una lunga storia cristiana, ha bisogno oggi di un rinnovato slancio nell’evangelizzazione - ha sottolineato il Pontefice -, perchè a tutti arrivi il profumo del Vangelo: un profumo di riconciliazione e di pace dopo gli anni sofferti della guerra; un profumo di compassione, che aiuti i poveri a rialzarsi e susciti l’impegno per risollevare le sorti economiche e sociali del Paese; un profumo di giustizia contro la corruzione».
«In particolare ai sacerdoti vorrei dire: ho appreso che il popolo si rivolge a voi con tanto affetto chiamandovi 'Amù, che qui è il titolo più importante, significa 'signorè. Però, questo non deve farvi sentire superiori al popolo». Così Papa Francesco rivolgendosi ai vescovi e al clero di Timor Est nell’incontro nella Cattedrale dell’Immacolata Concezione di Dili. «Voi venite dal popolo, siete nati da donne del popolo - ha aggiunto il Pontefice a braccio -, non dimenticate la cultura del popolo da cui provenite, non siete superiori indurvi nella tentazione della superbia e del potere; Sapete da che nasce? Mia nonna diceva: il diavolo entra sempre dalle tasche. Non dovete pensare al vostro ministero come un prestigio sociale, agire come capi che schiacciano gli altri». Per Bergoglio «C'è bisogno di questo sussulto di Vangelo; e, perciò, c'è bisogno di sacerdoti, di religiosi e di catechisti appassionati, preparati, creativi. E’ necessaria la creatività nella missione».
Il Papa ha poi rimarcato: «Ricordiamoci questo: col profumo si ungono i piedi di Cristo, che sono i piedi dei nostri fratelli nella fede, a partire dai più poveri: i privilegiati sono i più poveri». «Il prete è strumento di benedizione: mai deve approfittare del ruolo, sempre deve benedire, consolare, essere ministro di compassione e segno della misericordia di Dio. Forse il segno di tutto questo è il prete povero: amate la povertà come la vostra sposa».
«E' con grande gioia e onore che La accogliamo tra noi, qui in questa cattedrale che è la madre di tutte le Chiese di Timor Est. Una cattedrale il cui ricordo ci è tanto caro perché il suo predecessore, papa san Giovanni Paolo II, nel viaggio apostolico del 1989, durante i tempi difficili in cui la nazione era soggiogata, compì il lieto gesto di benedirla». Così si è rivolto a papa Francesco mons. Norberto do Amaral, vescovo di Maliana e presidente della Conferenza episcopale di Timor Est, nel suo indirizzo di saluto durante l'incontro del Pontefice con i vescovi e il clero nella cattedrale di Dili. «Dopo tanti anni di sofferenza, abbiamo recuperato la Nazione - ha detto -, che è riuscita a rialzarsi e a restare in piedi, rinascendo dalle ceneri della distruzione nel secondo millennio della nostra storia. Una Nazione nuova e piccola, solo 14.875 chilometri quadrati, con una popolazione di un milione e 340 mila abitanti, una comunità cattolica di oltre un milione e 300 mila fedeli, quasi il 98% della popolazione, e una gioventù in crescita. Timor Est è la nazione con la maggior percentuale di cattolici in Asia e, si potrebbe dire, nel mondo». «Si trova nell’Estremo Oriente - ha sottolineato mons. do Amaral -. Quando Sua Santità fu eletto Papa, disse di sé che i cardinali lo chiamarono dalla periferia del mondo. Ecco qui una Nazione che si trova alla periferia del mondo e, si potrebbe dire, agli estremi confini della terra». «Qui è chiamata ad essere sale e luce - ha aggiunto -. E quando, Santità, in occasione della nostra prima visita ad Limina, ci ha detto 'che la vostra fede sia la vostra culturà, abbiamo custodito tali parole e per rafforzare questo appello, eccole come motto della visita di Sua Santità a Timor Est».
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