Una forte esplosione davanti ai cancelli e poi due persone armate che entrano sparando all’impazzata nella sede dell’Industria aerospaziale (Tusas) in provincia di Ankara, a Kahramankazan, una cinquantina di chilometri dalla capitale. Erano da poco passate le 15.30 in Turchia quando si è scatenato l’inferno per un attacco che il ministro dell’Interno Ali Yerlikaya ha subito definito "terroristico» e che ha provocato la morte di almeno quattro persone, oltre a 14 feriti. Undici tecnici italiani che si trovavano nell’area - per la maggior parte dipendenti di Leonardo e impegnati in attività di collaborazione industriale nell’ambito di programmi aeronautici avviati da anni con la Turchia - sono rimasti illesi.
I due terroristi, un uomo e una donna, immortalati dalle telecamere di sicurezza al momento del blitz, sono stati in seguito uccisi nel raid delle forze speciali entrate nell’edificio. Pare che uno degli assalitori abbia preso in ostaggio 11 persone prima di essere abbattuto. In serata il governo turco ha puntato il dito contro i curdi del Pkk. Ankara ha subito bloccato Instagram, YouTube e X, mentre un tribunale ha imposto a tv e radio il divieto di diffondere notizie sull'attentato. Da quanto trapelato, pare che i terroristi siano arrivati a bordo di un taxi presso il grande edificio dell’Industria aerospaziale, dove lavorano migliaia di impiegati. Una volta sul posto, hanno ucciso il conducente, sono scesi e hanno fatto esplodere un ordigno, anche se in un primo momento sui social media si erano diffuse voci di un attacco kamikaze. Dopo l’esplosione, i due si sono diretti verso l'edificio sparando e l’uomo è riuscito a entrare. «L'aggressore ha poi tentato di fare irruzione nel dipartimento risorse umane e nell’accademia», ha raccontato una fonte anonima al portale Middle East Eye, aggiungendo che «undici ostaggi sono stati liberati dopo un’operazione delle forze speciali, con una sparatoria ed esplosioni».
Mentre l’attacco era ancora in corso, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha fatto sapere che non c'erano italiani tra le vittime. «C'erano 11 italiani che stavano nell’area dove c'è stato questo attacco terroristico ma sono stati sempre al sicuro e non hanno mai corso un reale pericolo», ha poi chiarito in serata il titolare della Farnesina condannando l’azione e inviando un messaggio di solidarietà al popolo turco. L’attentato si è compiuto mentre il capo di Stato turco, Recep Tayyip Erdogan, si trovava al vertice dei Brics in Russia e stava incontrando il presidente Vladimir Putin. Il leader turco ha definito l’attacco «vile» e ha dichiarato che «nessuna organizzazione terroristica che prende di mira la nostra sicurezza sarà in grado di raggiungere i suoi obiettivi», promettendo che «la lotta contro tutti i tipi di minacce terroristiche, e i loro sostenitori, continuerà con determinazione e risolutezza». Mentre il segretario generale della Nato, Mark Rutte, lo ha chiamato per esprimere solidarietà.
Negli ultimi anni la Turchia è stata colpita da numerosi attentati, anche se recentemente si erano fatti meno frequenti. Tra il 2015 e il 2016 l’Isis e gruppi vicini al Partito dei lavoratori del Kurdistan avevano rivendicato l’uccisione di centinaia di persone con azioni in varie città del Paese. A gennaio di quest’anno uomini armati sono entrati in una chiesa di Istanbul uccidendo un uomo (attacco rivendicato dall’Isis), mentre nel novembre del 2022 sei persone avevano perso la vita dopo un’esplosione nella via pedonale del centro di Istanbul, che aveva portato al ferimento di altri 81. Il governo attribuì l'azione al Pkk sebbene il gruppo armato curdo, ritenuto terroristico da Ankara, negò ogni responsabilità. Stavolta l'attacco contro la sede dell’Industria dell’aeronautica arriva a 24 ore di distanza da un insolito appello lanciato dal segretario del partito di estrema destra turca Mhp, Devlet Bahceli, che ha invitato Abdullah Ocalan, il leader del Pkk imprigionato dal 1999 in regime di isolamento, a venire in Parlamento per annunciare lo scioglimento del gruppo e proclamare la fine del terrorismo. Dichiarazioni che hanno suscitato clamore nell’opinione pubblica e arrivate nel contesto di recenti voci su una possibile riapertura del processo di pace tra il governo turco e il Pkk, dopo che tra il 2013 e il 2015 c'era stato un periodo di tregua tra l’esercito e il gruppo.
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