Una sostanziale continuità con l'amministrazione Biden o una svolta che potrebbe essere traumatica e salutare nello stesso tempo, almeno per la Ue. Sono i due opposti scenari in caso di vittoria di Kamala Harris e Donald Trump, secondo media e analisti. Con un’incognita: chi andrà alla Casa Bianca potrà contare su entrambe le camere del Congresso o solo su una? E in questo caso bisognerà vedere quale (il Senato è più importante anche perché conferma tutte le nomine presidenziali). In caso di 'divided government', il presidente ha poteri ovviamente più limitati e controllati, ed è costretto a scendere a compromessi.
Se Harris diventerà commander in chief, si prevede che mantenga di fatto la linea di Biden, soprattutto in politica estera, dove forse potrebbe esserci una pressione più incisiva su Israele. Ma la posizione su Russia e Cina non cambierebbe, e neppure quella su Nato e alleati europei. Sul fronte interno Kamala ipotecherebbe una leadership di lunga durata nel partito, restando la candidata anche tra 4 anni. Una volta esorcizzato il pericolo Trump, dovrà tuttavia fare i conti con l’ala progressista del partito, che ha fatto quadrato in campagna ma che cova un certo malumore per la sua svolta centrista.
Se trionfa Trump, ci si aspetta una rottura radicale su quasi tutti i fronti. In politica estera ha promesso di mettere fine alla guerra in Ucraina e in Medio Oriente. Tutto da vedere che tipo di pace, se pace sarà. In Ucraina, stando alle indiscrezioni di stampa, vuole congelare il conflitto, mantenendo l’integrità territoriale del Paese, ma con regioni autonome su ogni lato di una zona demilitarizzata, delegando alla Ue i meccanismi di attuazione dell’accordo e i fondi per la ricostruzione, con Kiev fuori dalla Nato. In Medio Oriente pieno sostegno a Israele e allargamento degli accordi di Abramo (che lui stesso aveva avviato), a partire da quello con l’Arabia Saudita.
Anche Biden e Harris avevano e hanno lo stesso obiettivo, ma salvando la soluzione dei due stati. Poi pugno di ferro sull'Iran, continuazione del flirt con il dittatore nordcoreano e sfida alla Cina, su cui c'è un ampio consenso bipartisan. Quanto alla Nato, potrebbe ridurre le truppe Usa in Europa e insisterà su un aumento delle spese, almeno il 2% del Pil, con la minaccia di non proteggere chi non paga. Per l'Italia si tratta di circa 10 miliardi. Sul piano commerciale ha annunciato una nuova guerra dei dazi per proteggere industrie e posti di lavoro americani: tariffe più basse per la Ue (almeno il 10%) e più alte per la Cina (a partire dal 60%). Nel mirino c'è anche il settore automobilistico, che in Italia ha un suo peso ed ora è già in crisi. Ciò colpirebbe le catene di approvvigionamento in tutto il mondo, innescando probabilmente ritorsioni e aumentando i costi, avvertono gli economisti.
Secondo alcuni analisti, l’America first trumpiana potrebbe però essere anche uno shock salutare per l’Europa, costringendola a diventare più unita e autonoma, a partire dalla difesa comune. Ma nello stesso tempo un suo bis darebbe una spinta ai partiti e ai movimenti populisti di estrema destra che abbracciano le sue politiche e che in Europa già sostengono diversi governi.
Sul fronte interno, trasformerebbe forse irreversibilmente il partito repubblicano in un movimento populista, antiglobalista, anti immigrazione, segnando la strada della futura leadership, da consegnare al suo giovane vice JD Vance. Se perdesse invece il partito repubblicano avrebbe l’occasione di ricostruirsi, anche se la svolta populista lascerebbe probabilmente il segno. Il tycoon ha promesso la chiusura del confine col Messico, la più grande deportazione di massa della storia americana, la fine delle città santuario ed ora pare stia preparando una stretta anche sull'immigrazione legale, rispolverando il controverso muslim ban.
In economia si è impegnato per un altro tasso generalizzato delle tasse, la detassazione di mance e straordinari, lo sviluppo delle criptovalute e la deregulation di norme e regolamenti a favore delle aziende, a partire dal settore energetico ("drill, baby, drill"), cancellando il Green Deal e minando la lotta al cambiamento climatico. Una deregulation affidata ad una nuova commissione per l’efficienza governativa guidata da Elon Musk, creando così un conflitto di interessi senza precedenti per l’uomo più ricco del mondo nonché contractor del governo, dalla Nasa al Pentagono. Trump ha promesso anche di usare la giustizia contro i nemici interni, ossia i suoi oppositori politici, e di licenziare i dipendenti pubblici ritenuti non fedeli.
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