Dopo 400 giorni di tira e molla sugli ostaggi a Gaza, la mediazione per la loro liberazione è stata abbandonata da uno degli attori principali: il Qatar ha informato Israele e Hamas che smetterà di prendere parte ai negoziati. Dure le accuse di Doha contro l’esecutivo israeliano e il gruppo islamista che governa la Striscia. Un diplomatico, non americano, ha dichiarato al Times of Israel che il Qatar ha preso la decisione da solo (ma diverse fonti dicono che non é così), frustrato dalla mancanza di buona fede da entrambe le parti, poiché i negoziati «sono diventati più una questione di politica ed elezioni, anziché un serio tentativo di garantire la pace». La fonte ha affermato che entrambe le parti più volte si sono tirate indietro dagli impegni presi durante i colloqui. Per quanto riguarda Israele, il dimesso ministro della Difesa Yoav Gallant, parlando con le famiglie degli ostaggi due giorni fa, ha affermato che «l'accordo non è né militare né politico, Benyamin Netanyahu è l’unico a decidere». Intanto, venerdì la tv Kan ha anticipato una svolta nella politica qatariota nei confronti di Hamas, a cui sarebbe stato chiesto di lasciare Doha, poiché il suo ufficio nella Paese "non stava più» servendo al suo scopo e di conseguenza «non sono più i benvenuti». Nonostante l’organizzazione fondamentalista sia stata ben accolta fin dal 2012, compreso l’ex capo politico Ismail Haniyeh fino a che non è stato ucciso a Teheran nel luglio scorso. Un funzionario americano ha rivelato che due settimane fa l'amministrazione Biden ha chiesto al Qatar di espellere Hamas spiegando che la richiesta è stata accolta e ha trasmetto la notifica intorno al 28 ottobre. In mattinata diverse indiscrezioni hanno confermato la posizione del Qatar dopo il continuo rifiuto da parte di Hamas di un accordo sulla liberazione degli ostaggi, compreso il piano parziale discusso dopo l’assassinio di Yahya Sinwar: «I leader di Hamas non hanno più un posto nella capitale di un paese partner degli Stati Uniti», ha affermato una fonte Usa. Dal canto suo, parlando da Doha, Hamas ha dichiarato di non aver «nulla da confermare o smentire visto che non ha ricevuto alcuna richiesta di lasciare il Qatar». In precedenza invece si era saputo che il Paese arabo avrebbe informato delle sue decisioni gli altri mediatori - Stati Uniti ed Egitto - ma senza fornire indicazioni sui tempi concessi a Hamas per lasciare il Paese. Il diplomatico che ha parlato in forma anonima con il Times of Israel ha sottolineato che l’iniziativa qatariota potrebbe non essere definitiva: se entrambe le parti dimostrassero una sincera volontà di negoziare in buona fede, le porte di Doha potrebbero riaprirsi. Dai retroscena emerge anche che già in aprile è stato chiesto agli alti funzionari di Hamas di trasferirsi in Turchia. Traslochi poi rientrati poiché Washington non vuole che un suo alleato e membro della Nato, Ankara, ospiti stabilmente un gruppo terroristico. L'amministrazione Biden nel frattempo, nonostante manchino poche settimane all’insediamento del presidente eletto Donald Trump, continua a lavorare sull'accordo per la liberazione degli ostaggi e il cessate il fuoco ritenendo che l’espulsione potrebbe convincere Hamas ad ammorbidire le sue richieste. Secondo il New York Times una linea di continuità negli States viene perseguita anche attraverso le informazioni costanti che Israele fornisce sui colloqui e sulla guerra a Gaza a Jared Kushner, genero di Trump ed ex consigliere per le questioni mediorientali. A shabbat concluso, centinaia di persone sono tornate a manifestare in strada, stavolta davanti al quartier generale dell’Idf, mostrando striscioni con le scritte «Perché sono ancora a Gaza? 400 giorni: la vergogna di Netanyahu».