Le Pen stacca la spina: Barnier verso la sfiducia. Mercoledì il voto. Senza la manovra Francia a rischio
Due mesi al potere e il governo di Michel Barnier è già sull'orlo del baratro: Marine Le Pen ha deciso di staccargli la spina dopo che è scaduto il suo ultimatum. Gli sforzi del premier non sono stati sufficienti e non hanno accontentato la leader del Rassemblement National, che oggi ha presentato la mozione di sfiducia. Sarà discussa mercoledì dall’Assemblée Nationale, e raccoglierà anche i voti della gauche, ostile come l’estrema destra alla manovra finanziaria 2025: il destino del governo Barnier appare segnato. Da giorni con le spalle al muro, nonostante i non pochi cedimenti sulla linea del rigore economico per rientrare dallo spaventoso deficit pubblico, il premier ha fatto ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione francese che consente di approvare una legge senza passare per il voto dell’aula, con l'obiettivo di adottare il progetto di manovra. «I francesi non ci perdonerebbero di mettere gli interessi particolari davanti all’avvenire della Nazione», ha dichiarato l’ex commissario Ue. "Siamo giunti a un momento di verità che pone ognuno dinanzi alle proprie responsabilità», ha aggiunto. Come da copione, in un clima più che mai incandescente nell’emiciclo del Palais Bourbon, la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon ha lasciato i banchi del parlamento annunciando la cosiddetta 'motion de censurè sostenuta dall’estrema destra. A nulla sono servite le concessioni di Barnier, dallo stop all’aumento delle tasse sull'elettricità, al taglio agli aiuti medici di Stato agli stranieri: il Rn non ha voluto fare sconti sulle sue 'linee rossè. All’ultima richiesta di Le Pen, l’indicizzazione di tutte le pensioni, Barnier non ha potuto cedere. «Voteremo per le mozioni di censura e in primo luogo per la nostra», ha tagliato corto Le Pen, precisando che quella del Rn è distinta da quella del Nuovo Fronte Popolare della gauche. Quest’ultima potrebbe raccogliere oltre 300 voti (ne servono 288), causando l'inesorabile caduta di Barnier, una prima dal governo di Georges Pompidou nel 1962. Nato a settembre dopo estenuanti trattative, l’esecutivo guidato dal Républicain rischia oggi di passare agli annali come il governo più breve della storia della Quinta Repubblica. Compito di Barnier, 73 anni, era soprattutto ridurre il debito colossale della Francia dinanzi al rischio di una crisi finanziaria sulla seconda economia della zona euro. ''Senza il progetto di bilancio sul welfare che esaminiamo oggi, il deficit dei conti legati alla spesa sociale raggiungerebbe circa 30 miliardi di euro il prossimo anno», ha avvertito il ministro del Bilancio, Laurent Saint-Martin. Il macroniano ed ex premier Gabriel Attal ha invitato le opposizioni a «non cedere alla tentazione del peggio e non votare la sfiducia al governo». Mentre i titoli francesi sono equiparati a quelli della Grecia e lo spread con la Germania schizza ai livelli della crisi del 2012, il mondo economico esprime gravi timori per la tenuta della Francia. «Questa settimana sarà determinante per i francesi ma anche per le imprese. L’adozione di una mozione di sfiducia significherebbe l’apertura di un nuovo periodo di instabilità e un nuovo arresto dell’economia che già avanza al rallentatore», avverte la Confederazione delle Piccole e Medie imprese (Cpme), secondo cui «una Francia senza bilancio aprirebbe la porta a una crisi del debito le cui conseguenze colpirebbero duramente gli attori economici». Gli sviluppi di questa inedita situazione impongono di prendere in considerazione anche le dimissioni di Emmanuel Macron, qualcosa di ignoto nella Quinta repubblica ma un desiderio per il 52% dei francesi . Mai come in questo periodo, il presidente in crisi si è tenuto distante dalla politica interna. Mentre la Francia annaspa, il capo dell’Eliseo è volato in visita di Stato in Arabia Saudita, per 3 giorni. Al suo ritorno, il governo Barnier potrebbe essere già un ricordo.