Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol sopravvive all’impeachment grazie all’accordo dell’ultimo minuto con i conservatori del People Power Party, il suo partito, che ha boicottato il voto in Parlamento. La spallata delle opposizioni non è riuscita malgrado l’ottimismo manifestato fino a questa mattina, tra le proteste di massa e l'indignazione nazionale per la maldestra legge marziale dichiarata da Yoon martedì sera e revocata appena sei ore dopo, per il voto contrario unanime in Parlamento dei 190 deputati presenti, tra cui 18 del People Power Party.
Invece, le opposizioni, che vantano 192 sui 300 seggi dell’Assemblea nazionale, non sono riuscite a incassare gli 8 voti dissidenti tra i 108 del partito al governo utili a raggiungere il quorum di 200. Ne hanno presi solo tre, spingendo lo speaker Woo Won-shik a ufficializzare il fallimento della mozione a dispetto dei pressanti appelli ai deputati del People Power Party a rientrare in aula perché «la Repubblica di Corea è una democrazia fatta di sangue e lacrime delle persone. Partecipate al voto, così che si protegge la democrazia».
Niente da fare, l’Aventino ha retto. Il leader parlamentare del partito al governo Choo Kyung-ho, lo stratega dell’iniziativa, è finito però nel mirino e ha annunciato le dimissioni. Han Dong-hoon, il capo del People Power Party, ha spiegato in tarda serata che ora l’obiettivo è favorire «un ritiro ordinato del presidente per ridurre al minimo il caos», dicendosi pronto a consultarsi con le opposizioni. «Il presidente sarà effettivamente privato dei suoi doveri finché non si ritirerà, e il premier si occuperà degli affari di stato in consultazione con il partito», ha aggiunto.
Ecco quindi il patto concordato: secondo gli osservatori, Yoon ha ceduto la direzione politica del Paese al suo partito e accettato di dimettersi al momento che gli sarà indicato in cambio del blocco dell’impeachment. Malgrado la maggior parte dei conservatori sudcoreani non abbia perdonato la mossa di Yoon sulla legge marziale, è ancora vivo il trauma dell’impeachment della ex presidente conservatrice Park Geun-hye nel 2017, che spianò la strada alla facile elezione di Moon Jae-in, in quota centrosinistra. La speranza del People Power Party è di guadagnare tempo per prepararsi al meglio alle prossime presidenziali.
L’accordo Yoon-partito, degno di una sceneggiatura dei popolari k-drama, è stato anticipato questa mattina dall’ex procuratore capo nel messaggio tv rivolto a sorpresa alla nazione: due minuti corredati da inchini per scusarsi di «aver causato ansia pubblica» per la legge marziale che ha comportato ordini di divieto di attività politiche e la mobilitazione dell’esercito. «Non accadrà più e non mi sottrarrò alla responsabilità legale e politica sulla legge marziale», motivata "dal senso di urgenza». Ha poi spiegato che lascerà «che sia il nostro partito a stabilizzare la situazione politica in futuro, incluso il mio mandato».
Nel frattempo, dopo la sconfitta parlamentare, il leader del partito Democratico Lee Jae-myung ha assicurato che ci saranno "altre mozioni» di impeachment. E, rivolgendosi alla grande folla di manifestanti davanti al Parlamento, Lee, si è scusato per l’insuccesso, ma ha insistito che «non si arrenderà. Yoon è diventato il pericolo peggiore per la Repubblica di Corea. Riporteremo il Paese alla normalità entro Natale e fine anno e ve lo daremo come regalo di Natale e di fine anno».
A dispetto del freddo, decine di migliaia di persone sono scese a manifestare (150mila per la polizia, più di un milione per i promotori) e a scandire slogan all’indirizzo di Yoon, chiedendone le dimissioni. Come canzone di commiato, gli organizzatori hanno scelto 'All I Want for Christmas' di Mariah Carey, invitando tutti a raccogliere la spazzatura. «Non ci fermeremo finché Yoon non sarà punito», ha scandito uno degli organizzatori dal palco. «La gente non accetterà l’esistenza del People Power People. Combatteremo finché Yoon non sarà sotto accusa. Carissimi, vi unirete alla lotta per rimuovere Yoon?», ha domandato. Scontata la risposta: un «Sì!» all’unisono a squarciagola. Le tensioni sono appena all’inizio.
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