Le forze ribelli a guida islamica hanno annunciato nella notte la conquista di Damasco e la "fuga" del "tiranno" Bashar al-Assad, riferendosi al presidente della Siria. Gli abitanti della capitale hanno festeggiato nelle strade la caduta del regime dopo 50 anni di governo del partito Baath, mentre i gruppi ribelli annunciavano l'inizio di una "nuova era" in Siria.
Intanto, da Washington la Casa Bianca ha reso noto che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, segue "da vicino gli eventi straordinari" in Siria. Dopo il loro ingresso a Damasco, le forze di opposizione si sono dirette nel centro della città ed hanno preso il controllo dell'emittente radiotelevisiva pubblica. I ribelli, inoltre, hanno 'liberato' il vicino carcere militare di Sednaya, noto come il 'mattatoio umano', dove "le porte sono state aperte per migliaia di detenuti che sono stati imprigionati dall'apparato di sicurezza durante tutto il governo del regime", ha riferito l'Osservatorio siriano per i diritti umani.
Il primo ministro siriano, Mohammed Ghazi Jalali, si è detto pronto a collaborare con la "leadership" che verrà scelta dal popolo, mentre il capo del gruppo ribelle Hayat Tahrir al-Sham - Abu Mohammed al-Jolani - ha ordinato alle sue forze di non avvicinarsi alle istituzioni pubbliche di Damasco, "che rimarranno sotto la supervisione dell'ex primo ministro fino a quando non saranno ufficialmente consegnate", si legge in un post pubblicato su X. Il primo ministro siriano, Ghazi al-Jalali, al quale le milizie ribelli vincitrici hanno riconosciuto un ruolo di garanzia fino al ricambio ufficiale del potere, ha quindi ribadito in un’intervista con l’emittente Al Arabiya che la Siria dovrebbe ora tenere «libere elezioni affinché il popolo possa scegliere chi debba guidarli». Al-Jalali aveva già detto di avere contattato il comandante dei ribelli, Abu Mohammed al-Jolani, con il quale ha detto di essersi accordato sulla transizione.
Allo stesso tempo, l'esercito siriano e le forze di sicurezza del Paese hanno abbandonato l'aeroporto della capitale. In precedenza, Abu Mohammed al-Jolani aveva detto che le sue forze controllano l'intera città di Homs, definendo la vittoria "storica". "Stiamo vivendo gli ultimi momenti della liberazione della città di Homs, è un evento storico che distinguerà la verità dalla menzogna", ha detto il leader ribelle in un video postato su Telegram, utilizzando il suo vero nome, Ahmed al-Sharaa, al posto del nome di battaglia di Abu Mohammed al-Jolani.
Ore fatali circondano il destino politico della Siria, travolta da una guerra mondiale in corso sul suo territorio da quasi 14 anni, e che si appresta a scrivere una nuova pagina al libro della sua storia millenaria: il presidente Bashar al Assad, da un quarto di secolo al potere dopo averlo ereditato dal padre Hafez per trent'anni ai vertici del regime, è da più parti indicato come un raìs in fuga. Secondo fonti informate alla Bloomberg sarebbe a Teheran, pronto a trattare anche per un esilio sicuro. "Non è in nessuna parte della capitale", hanno rilanciato anche alcuni media Usa, mentre qualcuno non esclude possa essere anche a Mosca.
A Doha, in Qatar, intanto si è svolta l'attesa riunione cui hanno partecipato i ministri degli esteri di Russia, Iran e Turchia. Nelle stesse ore, ma prima che il presidente eletto americano Donald Trump affermasse che non è interesse di Washington farsi coinvolgere nel conflitto siriano, si è riunito nella capitale sul Golfo il quartetto di Paesi occidentali molto vicini a Israele: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania. E secondo fonti presenti alla riunione, a cui hanno partecipato rappresentanti dell'Ue e l'inviato speciale Onu per la Siria, Geir Pedersen, dall'incontro è emersa la volontà occidentale di avviare a Ginevra, la settimana prossima, un processo di transizione politica post-Assad che eviti nuovi spargimenti di sangue e allontani lo spettro del collasso dello Stato siriano (distinto dal regime) mettendo allo stesso tavolo tutte le parti coinvolte: gli esponenti del sistema-Assad ma non direttamente collusi col presidente e col fratello Maher (a capo della guardia dei pretoriani e considerato vicino agli iraniani) e gli esponenti dell'avanguardia dell'offensiva militare, il gruppo armato Hayat Tahrir ash Sham, guidato dal leader ed ex capo di al Qaida in Siria, Abu Muhammad al Jolani. Nonostante Hts sia definito da anni un "gruppo terroristico" da Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Unione Europea, in Svizzera potrebbero arrivare esponenti di sigle minori ma di fatto legate a Jolani, così da non imbarazzare le cancellerie occidentali.
Senza più il sostegno di Mosca, la struttura militare e politica della Siria degli Assad si è di fatto squagliata come neve al sole. Gli ultimi sussulti di resistenza lungo l'asse Aleppo-Damasco si sono visti a Homs, crocevia del Paese e porta di accesso per la regione costiera, dove la Russia mantiene la base navale di Tartus e quella aerea di Latakia, entrambe sul Mediterraneo. E' la stessa regione in cui i transfughi del regime, molti dei quali appartenenti ai clan sciiti-alawiti originari della regione costiera, si stanno arroccando in attesa di un negoziato.
Mosca e Teheran in ritirata, un duro colpo per Putin
"Soluzione politica e dialogo tra il governo siriano e la legittima opposizione". Gli alleati storici di Bashar Assad, nelle ore in cui la Siria alawita sta evaporando di fronte alla cavalcata dei ribelli, nascondono la loro debolezza dietro questa richiesta. La realtà mostra come l'Iran da un lato e la Russia dall'altro, questa volta difficilmente potranno salvare il loro principale partner nel Medio Oriente. Fiaccati dalle guerre e da economie in rapida caduta, Mosca e Teheran sono apparse prese alla sprovvista dall'avanzata Hayat Tahrir al-Sham, l'organizzazione islamica che sta guidando il rovesciamento del regime.
A Doha, nel pomeriggio, i ministri degli Esteri del cosiddetto formato Astana - Iran, Russia, Turchia, più l'inviato dell'Onu per la Siria Geir Pedersen - si sono incontrati in una riunione di emergenza a margine del Forum organizzato nella capitale qatarina. La riunione ha ribadito "la difesa dei principi di sovranità e integrità territoriale della Siria" sottolineando la necessità di un rapido ritorno alla stabilità.
"È inammissibile consentire a un gruppo terroristico di prendere il controllo del territorio in violazione degli accordi esistenti, a partire dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu", ha rimarcato il ministro degli Esteri russo Seghiei Lavrov. Il suo collega iraniano, Abbas Araghchi, ha invece sottolineato la necessità di "negoziati e dialogo" tra le parti. Nella giornata di venerdì, lo stesso Araghchi, aveva incontrato una delegazione del governo siriano a Baghdad, assicurando "stretto coordinamento" tra Damasco e Teheran.
Caricamento commenti
Commenta la notizia