Giovedì 09 Gennaio 2025

La storia del Canale di Panama e della Groenlandia: Trump e le nuove ambizioni geopolitiche

Da quando Donald Trump ha annunciato di volersi riprendere il canale di Panama e ha ipotizzato un’annessione della Groenlandia, i riflettori di tutto il mondo sono puntati sulla striscia d’acqua che collega l’oceano Atlantico con il Pacifico e sull'immensa isola territorio autonomo della Danimarca. Lungo 81,1 km, il canale di Panama fu costruito dagli americani tra il 1907 e il 1914 dopo che l’allora presidente Theodore Roosevelt volle riprendere un progetto ideato nell’800 per la creazione di un passaggio tra i due oceani. All’epoca il territorio era controllato dalla Colombia, ma una rivolta sostenuta dagli Stati Uniti portò alla formazione della Repubblica di Panama nel 1903. Lo stesso anno gli Usa e il neonato Stato firmarono un trattato che dava agli Stati Uniti il controllo su una striscia di terra di circa 16 chilometri per costruire il canale in cambio di un rimborso finanziario. L’opera fu completata nel 1914 e si stima che circa 5.600 persone siano morte durante i lavori. La praticità del canale fu dimostrata durante la Seconda guerra mondiale, quando fu utilizzato come passaggio fondamentale per lo sforzo bellico degli Alleati tra i due oceani. Ma il rapporto tra Usa e Panama cominciò a sgretolarsi a causa dei disaccordi sul controllo e sul trattamento dei lavoratori panamensi fino a quando, il 9 gennaio 1964, i due Paesi interruppero le relazioni diplomatiche. Fu Jimmy Carter nel 1977 a raggiungere un accordo che nel 1999 ha ridato pieno controllo a Panama. Perché Trump vuole riprendersi la gestione di quella striscia d’acqua? Intanto per motivi economici: negli anni, infatti, le autorità panamensi hanno imposto tariffe sempre più alte e restrizioni al commercio. In secondo luogo in chiave anti-Cina, secondo utilizzatore del canale dopo gli Usa, il cui ruolo nella regione è diventato più importante a partire dal 2017, quando Panama ha tagliato i legami con Taiwan a favore dello sviluppo di relazioni diplomatiche con Pechino. Sicurezza e commercio sono anche dietro all’interesse del tycoon per la Groenlandia, l’isola più grande del mondo. Diventata colonia danese nel 1721, durante la Seconda guerra mondiale la Danimarca perse il dominio economico e politico dell’isola, che si avvicinò così agli Stati Uniti e al Canada. Dopo il conflitto il controllo ritornò alla Danimarca, e nel 1953 lo status coloniale venne trasformato in quello di una contea d’oltremare. La Groenlandia ebbe poi nel 1979 il diritto all’autogoverno e nel 1985 abbandonò la Comunità Economica Europea tramite referendum. Non è un caso che Trump abbia inviato i suoi emissari proprio adesso: nel suo discorso di inizio anno il premier Múte Egede ha suggerito che a breve potrebbe tenersi un referendum per l’indipendenza. La data potrebbe coincidere con quella delle elezioni per il parlamento locale, quindi entro il 6 aprile.

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