La gestione del caso Cecilia Sala, la giornalista arrestata a Teheran lo scorso 19 dicembre e rilasciata oggi, è stata «del governo italiano, dall’inizio alla fine». Gli Stati Uniti si felicitano della liberazione della reporter di Chora Media dopo 21 giorni di prigionia, ma sottolineano di non aver avuto nessun ruolo nella vicenda, né intendono commentare sull'estradizione dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini Najafabadi, l’uomo dei droni arrestato a Malpensa su richiesta di Washington tre giorni prima del fermo di Sala a Teheran.
«Il caso di Cecilia Sala è stata una decisione del governo italiano dall’inizio alla fine ed è Roma che deve rispondere a domande specifiche», ha spiegato durante un briefing con un gruppo ristretto di giornalisti il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, qualche ora dopo l'arrivo a Ciampino della reporter. «Sfortunatamente - ha sottolineato il funzionario - il regime iraniano continua a detenere ingiustamente persone provenienti da molti altri Paesi, spesso per utilizzarle come leva politica e ognuno di loro dovrebbe essere rilasciato adesso».
La Casa Bianca tiene anche a ribadire che «il lavoro fondamentale svolto dai giornalisti, compreso quello di Cecilia Sala, per informare il pubblico spesso in situazioni incredibilmente pericolose come questa, dovrebbe essere protetto da qualsiasi governo». Prima della dichiarazione in chiaro di Kirby, fonti del dipartimento di Stato avevano fatto sapere all’ANSA che non avrebbe risposto a domande specifiche sul caso perché, come ha poi ribadito il funzionario della Casa Bianca, «spetta al governo italiano farlo».
Quanto al caso Abedini, le cui sorti si sono intrecciate in questi giorni con quelle della giornalista italiana, sempre fonti del dipartimento di Stato hanno chiarito di non voler commentare. L’ingegnere, detenuto nel carcere di Opera, è accusato di aver passato a Teheran componenti per l’assemblaggio di Shahed, i terribili droni che un anno fa in un attacco in Giordania hanno causato la morte di tre militari americani. Il 15 gennaio è prevista l’udienza per decidere gli arresti domiciliari, ma Washington ha già chiarito di essere contraria alla scarcerazione vista anche la precedente fuga del trafficante d’armi russo Artem Uss, evaso dai domiciliari in Italia nel marzo del 2023.
Pur non commentando il singolo caso, gli Stati Uniti sottolineano di «rimanere piuttosto preoccupati per la proliferazione da parte dell’Iran di droni, sempre più avanzati e letali, e per il suo continuo sostegno a gruppi terroristici che rappresentano le principali minacce alla pace e alla stabilità nella regione». Gli Stati Uniti, assicura il funzionario all’ANSA, «restano impegnati a utilizzare tutti gli strumenti disponibili per contrastare l’intera gamma delle azioni destabilizzanti dell’Iran».
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