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"Mosca alle truppe di Kim, non fatevi prendere vivi. Se necessario trasformarsi in kamikaze per non farsi catturare"

Combattere fino alla morte e, se necessario, trasformarsi in kamikaze per non farsi catturare: è l'ordine impartito ai soldati nordcoreani schierati per fronteggiare le truppe ucraine nel Kursk russo. Dove la battaglia infuria, ed è già costata la vita ad almeno 300 militari di Pyongyang, 2.700 quelli feriti.

A disegnare il fosco quadro della presenza nordcoreana a fianco dell’armata del Cremlino sono gli 007 di Seul in un’audizione parlamentare a porte chiuse dei vertici dell’agenzia di spionaggio. Tra gli episodi citati c'è quello di un soldato che, messo alle strette dagli ucraini, ha tentato un attacco suicida con una granata, al grido di «Generale Kim Jong-un», prima di essere ucciso.

Secondo le informazioni di intelligence, il leader nordcoreano avrebbe inviato a ottobre oltre 10.000 soldati per aiutare Mosca a combattere contro Kiev, in cambio dell’assistenza tecnica russa per i programmi di armi e satellitari di Pyongyang, soggetti a pesanti sanzioni internazionali. A questo si aggiungono le forniture di proiettili di artiglieria e missili a corto raggio. E per rafforzare la cooperazione, a Seul sono convinti che Kim farà presto tappa a Mosca, forse già a fine febbraio.

I soldati nordcoreani hanno pochissima esperienza sul campo di battaglia e le 3.000 vittime tra morti e feriti in poche settimane sono imputabili alla «mancanza di comprensione della guerra moderna», compresi alcuni «tentativi di lanciare attacchi terrestri senza il fuoco di supporto», stimano gli 007. Domenica scorsa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha pubblicato il video di due nordcoreani prigionieri, offrendo poi la disponibilità a uno scambio con Mosca. Ipotesi che a Seul bollano come una condanna a morte: «Se tornassero a Pyongyang sarebbero giustiziati».

A confermare lo sprezzo di Kim per i suoi soldati, la confessione di uno dei due militari catturati, che ha raccontato di essere stato spedito in prima linea non per combattere una guerra ma nell’ambito di una «esercitazione». «Abbiamo iniziato l'addestramento realistico, ci hanno detto i comandanti. Poi siamo finiti sotto il fuoco, mi sono riparato in un rifugio mentre i miei compagni morivano attorno a me», ha raccontato il soldato nordcoreano.

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