"Oggi in America sta prendendo forma un'oligarchia di estrema ricchezza, potere e influenza": è questo il monito più forte lanciato dal presidente Joe Biden nel suo discorso d'addio alla nazione dallo Studio ovale, a cinque giorni dall'insediamento di Donald Trump. Un intervento in diretta tv di soli 20 minuti in cui, chiudendo una carriera politica di 50 anni, Biden ha rivendicato i successi della sua presidenza per cementare la propria eredità e lanciato una serie di avvertimenti sui rischi per la democrazia.
A partire dalla formazione di un'oligarchia di miliardari, quella corte di ceo che si sta coalizzando intorno al suo erede: da Elon Musk a Jeff Bezos e Mark Zuckerberg, anche se non li ha nominati. Citando i moniti del presidente Dwight Eisenhower sul complesso militare-industriale quando lasciò l'incarico, Biden ha detto di essere "altrettanto preoccupato per la potenziale ascesa di un complesso tecnologico-industriale che potrebbe rappresentare un pericolo reale anche per il nostro Paese". Non a caso il suo discorso è iniziato con l'immagine della Statua della libertà che "non è ferma, ma in marcia" perché "l'idea dell'America, le nostre istituzioni, il nostro popolo, i nostri valori sono costantemente messi alla prova". Da qui il suo appello a salvaguardare le istituzioni, a mantenere la separazione dei poteri e il sistema dei "checks and balances", ossia dei controlli e degli equilibri degli stessi poteri, evitando ogni "abuso di potere". In questo contesto si colloca anche la sua proposta di modificare la Costituzione per "chiarire che nessun presidente è immune dai crimini che commette mentre è in carica": un'allusione alla recente sentenza della Corte suprema Usa che ha salvato Trump dai processi più insidiosi.
Biden ha lanciato altri due moniti: uno contro le "forze potenti che vogliono esercitare la loro influenza incontrollata per eliminare le misure che abbiamo adottato per affrontare la crisi climatica"; l'altro contro la valanga di disinformazione che ha seppellito gli americani, tra il "crollo della libertà di stampa" e i social media che "rinunciano a verificare i fatti", come ha annunciato recentemente anche Mark Zuckerberg per le sue piattaforme Meta.
Il presidente Usa, ai minimi del consenso (33%), ha vantato i suoi risultati e spiegato che "ci vorrà del tempo per sentire l'impatto di tutto ciò che abbiamo fatto insieme, ma i semi sono stati piantati e cresceranno e fioriranno per i decenni a venire". Tra i successi ha rivendicato in apertura anche l'accordo su Gaza, sottolineando che "il piano è stato sviluppato e negoziato dal mio team e sarà implementato dall'amministrazione entrante, che è stata costantemente informata".
1 Commento
Davide Romano
17/01/2025 19:24
Il discorso d’addio di Joe Biden evidenzia non solo una riflessione sulla sua presidenza, ma anche un potente avvertimento sui pericoli che l'America sta affrontando. La denuncia della formazione di una "oligarchia di estrema ricchezza, potere e influenza", simboleggiata dai grandi nomi della tecnologia come Elon Musk, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg, rappresenta un richiamo alla vigilanza contro le disuguaglianze economiche e l'accentramento del potere. Citando Eisenhower, Biden stabilisce un parallelismo tra il passato pericolo del complesso militare-industriale e l’attuale ascesa del “complesso tecnologico-industriale”. Questo riferimento non è casuale: sottolinea come le dinamiche di potere si evolvano, ma mantengano inalterata la loro capacità di minacciare il tessuto democratico. L’appello alla salvaguardia delle istituzioni e al rispetto del sistema dei controlli e contrappesi riflette una visione in cui la democrazia deve essere costantemente difesa. Biden propone anche una riforma costituzionale per assicurare che nessun presidente sia al di sopra della legge, un evidente richiamo alla figura di Trump e al contesto delle sue vicende giudiziarie. Il presidente ha poi puntato il dito contro la disinformazione, legandola alla crisi della libertà di stampa e al ruolo dei social media. Questo tema è particolarmente rilevante in un’era in cui il controllo dell’informazione può manipolare l’opinione pubblica e minare la fiducia nei processi democratici. Infine, la sua rivendicazione sui risultati ottenuti, come l’accordo su Gaza, sembra un tentativo di lasciare un’eredità tangibile nonostante il basso consenso popolare. La metafora della Statua della Libertà “in marcia” richiama un ideale di progresso e resistenza, un messaggio che intende ispirare speranza e resilienza nel popolo americano. Questo discorso, pur essendo un bilancio finale, si configura come un manifesto politico e morale, un invito a non abbassare la guardia dinanzi alle sfide contemporanee e future.