
Un altro attacco esplosivo nel cuore di Mosca ha portato all’uccisione del capo di una milizia alleata dell’esercito russo nel conflitto in Donbass, ricercato dai servizi segreti ucraini. Un mese e mezzo dopo l’attentato rivendicato da Kiev in cui in dicembre fu ucciso il generale Igor Kirillov, un’azione simile ha provocato la morte di Armen Sarkisian, fatto saltare in aria con una guardia del corpo nell’entrata dell’Alye Parusa (le Vele scarlatte), un lussuoso grattacielo residenziale di 29 piani situato nel nord-ovest della capitale.
Contemporaneamente le forze di Kiev hanno lanciato decine di droni contro infrastrutture energetiche centinaia di chilometri all’interno del territorio russo, provocando incendi in una raffineria di petrolio a Volgograd e in un impianto per la lavorazione del gas ad Astrakhan. Entrambi definiti dallo Stato maggiore ucraino come «importanti produttori di carburante per l'esercito russo».
Tutto ciò dopo che ieri il presidente Volodymyr Zelensky aveva mostrato tutto il suo nervosismo per un possibile esclusione di Kiev da negoziati tra gli Usa e la Russia, avvertendo che questo potrebbe essere «pericoloso per tutti». Cosa che tuttavia non ha impedito al Cremlino di unire la sua voce a quella di di Keith Kellogg, l’inviato del presidente Usa Donald Trump, nel chiedere elezioni presidenziali in Ucraina in vista di un trattato di pace che secondo Mosca non potrebbe essere firmato dallo stesso Zelensky, considerato "illegittimo».
Gli investigatori russi hanno detto che Armen Sarkisian è morto in ospedale dopo essere stato ferito nell’attentato di stamane. L’esplosione ha provocato la morte istantanea di una sua guardia del corpo, mentre altre tre persone sono rimaste ferite. Sconosciuto ai media internazionali, Sarkisian, che aveva 46 anni, era stato il fondatore nel 2022 della milizia Arbat per combattere al fianco delle forze russe contro gli ucraini nella regione di Donetsk. Qui era arrivato in gioventù proveniente dalla natia Armenia, e si dice che proprio armeni fossero la maggior parte dei volontari che si erano arruolati nella sua formazione.
Il servizio segreto ucraino Sbu, che aveva definito Sarkisian "un boss del crimine», aveva affermato il mese scorso che era solito reclutare miliziani nelle carceri. Gli stessi servizi ucraini sostenevano inoltre che nel 2014 aveva stretto legami con l’allora presidente Viktor Yanukovich, poi fuggito quell'anno in Russia in seguito alle proteste di Euromaidan. E proprio 11 anni fa le autorità ucraine avevano spiccato nei suoi confronti un mandato d’arresto accusandolo di aver organizzato gruppi di picchiatori per aggredire i manifestati filo-Ue.
Sarkisian era anche presidente onorario della Federazione Pugilato della autoproclamata Repubblica di Donetsk, annessa nel 2022 alla Russia.
Una fonte dei servizi investigativi russi ha detto all’agenzia Tass che l’attentato è stato preparato con molta cura e con l’impiego di «diverse persone, ciascuna con un compito specifico, alcune per seguire l’obiettivo, altre come esecutori». Le immagini diffuse dai media mostrano la lobby dell’edificio devastata, con detriti sparsi ovunque sul pavimento.
Da Washington e da Mosca si rafforzano nel frattempo i segnali che un dialogo sotto traccia è ormai avviato, e da tempo. «Penso che queste discussioni stiano effettivamente andando piuttosto bene», è tornato ad insistere Trump, facendo capire che Kiev è coinvolta. E il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, gli ha fatto eco dicendo che i contatti sono «in fase di pianificazione», anche se «finora non c'è niente di nuovo da dire». La Reuters ha inserito Arabia Saudita o Emirati Arabi tra i Paesi disposti ad ospitare un possibile vertice Trump-Putin ma non c'è nulla di definito. Quello su cui gli Usa e la Russia sembrano trovarsi già d’accordo è invece la possibile esclusione di Zelensky da un accordo finale. Kellogg aveva detto ieri che per gli Stati Uniti nuove elezioni in Ucraina «sono necessarie», perché le consultazioni elettorali «si tengono anche in tempo di guerra». Quasi un consenso espresso alla posizione di Mosca, secondo la quale Zelensky è diventato un presidente illegittimo dal maggio scorso, cioè da quando il suo mandato ufficiale è terminato e le elezioni non sono state indette a causa della legge marziale. «L'idea stessa di tenere elezioni in Ucraina è importante dal punto di vista della legittimazione della leadership», ha affermato Peskov. Una legittimazione necessaria, ha aggiunto per «la fissazione giuridica di eventuali accordi per la risoluzione del conflitto».
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