
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha smentito le dichiarazioni del Cremlino, secondo cui Vladimir Putin avrebbe chiesto la cessazione completa degli aiuti militari e delle forniture di intelligence a Kiev durante la loro telefonata di ieri.
"No, (Putin) non ha chiesto nulla, non abbiamo parlato di aiuti. Abbiamo parlato di molte cose, ma non di aiuti", ha risposto Trump a Fox News, che gli chiedeva conferma delle informazioni arrivate da Mosca.
Putin ha accettato martedì di interrompere temporaneamente gli attacchi alle strutture energetiche ucraine, ma ha rifiutato di sostenere un cessate il fuoco completo di 30 giorni, che Trump sperava sarebbe stato il primo passo verso un accordo di pace permanente.
Intanto, la Russia «attacca infrastrutture civili e persone», «a Sumy, un drone russo Shahed ha colpito un ospedale».
Lo scrive sui social media il principale collaboratore di Volodymyr Zelensky e capo negoziatore di Kiev al tavolo con gli USA, Andriy Yermak.
Fiona Hill: “La sicurezza europea è minacciata”
«Il capo del Cremlino ha ottenuto quello che voleva. Il sistema di sicurezza nato dalla Prima e Seconda Guerra Mondiale è finito. Gli europei sono minacciati insieme da Russia, USA e Cina: se non capiscono che è arrivato il momento di costruire le loro difese, le conseguenze saranno molto tetre».
Così ha dichiarato a Repubblica Fiona Hill, ex direttrice per l’Europa nel Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca nel primo mandato di Trump.
La telefonata tra i leader, «a giudicare dai due comunicati, non è stata molto soddisfacente per la Casa Bianca. Putin ripete le sue posizioni massimalistiche, come la fine degli aiuti militari e di intelligence a Zelensky. Considerando che Trump aveva già in mano l’accordo sulla tregua con l’Ucraina, probabilmente si aspettava di convincerlo. Ma non si capisce usando quale leva, a parte cedere Kiev.
Quello in corso sembra più che altro un negoziato personale tra loro due, per definire le relazioni bilaterali, sulla testa degli ucraini e degli europei».
La posizione del Cremlino: una tregua parziale per favorire il dialogo con Trump
«La cosa più importante è che entrambe le parti rimangono impegnate a risolvere il conflitto ucraino bilateralmente, questa è la parola chiave».
E’ quanto ha dichiarato, intervistato dal Corriere della Sera, Dmitri Suslov, docente tra i più ascoltati consiglieri di politica estera del Cremlino.
«C'è la chiara volontà politica di Trump e Putin – aggiunge – di portare avanti la cooperazione russo-americana, non solo sull’Ucraina, ma anche sull’agenda complessiva dei nostri rapporti».
Lo stop agli attacchi alle infrastrutture energetiche «è un gesto di buona volontà del presidente russo verso Trump, per consentirgli di giustificare il suo approccio secondo cui la cooperazione con Mosca paga.
Oggettivamente, l’Ucraina ha sofferto di più gli attacchi a questo tipo di strutture, e la tregua parziale ha senso, anche per dimostrare che c'è un progresso».
Non si è aderito al cessate il fuoco completo «perché una tregua generale non può e non deve essere usata per la rimilitarizzazione dell’Ucraina. Putin lo ha detto chiaramente durante la telefonata: un cessate il fuoco generale è possibile solo se c'è simultaneamente la cessazione di ogni tipo di assistenza militare americana e occidentale a Kiev».
Quali saranno le prossime mosse?
Che succede adesso?
Primo, vedremo come reagirà l’Ucraina, ma penso che la natura delle relazioni tra gli americani e gli ucraini non consenta a Zelensky di dire di no.
Secondo, gli esperti russi e americani inizieranno a incontrarsi, probabilmente in Medio Oriente, non solo per regolare il conflitto ucraino, ma anche per affrontare il quadro generale.
Discuteranno anche di temi come l’Iran e il suo programma nucleare, e non ultimo la stabilità strategica.
Gli ucraini verranno coinvolti «solo nella discussione sull'accordo finale, una volta che tutti i nodi saranno stati sciolti».
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