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Il giorno dei dazi Usa. Vance presto a Roma, Meloni lavora per una trattativa in chiave Ue

L’annuncio dal Giardino delle Rose della Casa Bianca. Dopo settimane di minacce, retromarce e promesse, Donald Trump, alle 16 (le 22 di stasera in Italia) presenterà al mondo la sua strategia sui dazi, che il presidente Usa definisce il 'Liberation day'. Le imposte entreranno «in vigore da subito», ha detto la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt in una affollatissima conferenza stampa. «Sarà tra le giornate più importanti della storia moderna americana», ha aggiunto.

Il piano di Trump è ancora nebuloso, e questo è uno dei vari motivi di grande nervosismo dei mercati. Quello che sembra certo è che i dazi che entreranno in vigore sulle merci importate dal resto del mondo negli Stati Uniti, saranno reciproci e avranno effetto immediato. Un’opzione all’esame della Casa Bianca, secondo diverse fonti, è una tassa fissa del 20 percento su tutte le importazioni, che secondo i consulenti Usa potrebbe portare nelle casse del governo di Washington 6 trilioni di dollari di entrate. Dopodomani dovrebbe essere il turno dei dazi del 25% sulle automobili e la componentistica auto realizzata all’estero. Nessun altro dettaglio certo viene riferito e sarà lo stesso Trump a fornire i particolari.

Oltre ai dazi reciproci per i Paesi, Trump potrebbe svelare ulteriori imposte specifiche per settore, come quelle sui prodotti farmaceutici e sui semiconduttori. Le imposte potrebbero colpire il 15% dei partner che hanno persistenti squilibri commerciali con gli Stati Uniti, il gruppo che il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent, ha soprannominato dei «Dirty 15», come Cina, Messico, Vietnam, Taiwan, Giappone, Corea del Sud, Canada, India e la stessa Unione europea.

Ma l’Europa ha un «piano forte» per reagire ai dazi imposti da Donald Trump, ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

«L'Europa non ha iniziato questo confronto. Non vogliamo necessariamente reagire, vorremmo negoziare. Ma se è necessario abbiamo un piano forte per reagire e lo useremo», ha aggiunto. Anche l’Italia teme la tempesta e la stessa maggioranza si divide, con il vicepremier Antonio Tajani che chiede «calma» per «portare avanti una trattativa con la schiena dritta» a livello Ue, mentre Matteo Salvini attacca von der Leyen: «vendicarsi e aprire guerre commerciali non fa gli interessi di nessuno», dice il leader leghista.

Di certo la politica commerciale di Trump che oggi sarà svelata, sta alimentando i timori di recessione negli Stati Uniti. Gli analisti di Goldman Sachs hanno aumentato la probabilità di recessione a 12 mesi dal 20% al 35%. Secondo una simulazione di Moody's, dazi universali del 20% e una rappresaglia completa da parte di altre nazioni sui beni statunitensi costerebbero 5,5 milioni di posti di lavoro in America, farebbero salire il tasso di disoccupazione Usa al 7% e farebbero scendere il PIL statunitense dell’1,7%.

L’invito a tutti i suoi interlocutori è sempre lo stesso, «bisogna evitare di alimentare un’escalation di dazi contro dazi, perché tutti ne farebbero le spese». Giorgia Meloni non cambia linea nelle ore che precedono quella che alla Casa Bianca definiscono «una giornata storica». L'impatto degli annunci di Donald Trump sarà chiaro solo una volta che il presidente americano avrà ufficializzato le tariffe commerciali per i prodotti stranieri. Nel frattempo da Palazzo Chigi preferiscono non commentare né gli avvertimenti di Washington né le parole di Ursula von der Leyen, sulle risposte europee.

Di certo il tema finirà al centro dell’incontro, ancora non in agenda, che la premier è pronta ad avere con il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance, che ha programmato una visita a Roma nei giorni di Pasqua, fra il 18 e il 20 aprile. Nei giorni precedenti, fra l’altro, Meloni dovrebbe vedere Recep Tayyip Erdogan, atteso nella Capitale per il vertice intergovernativo Italia-Turchia del 16-17, un incontro che potrebbe essere rilevante anche sul dossier Ucraina. Intanto il focus in queste ore è sui dazi. La speranza, coltivata a lungo ai piani alti del governo, che gli Usa potessero fare eccezioni si è infranta sulla realtà. Qualche speranza di esenzioni sul vino ancora resiste. «Magari Trump colpisce solo lo champagne...», prova a scherzare un meloniano, mal celando la consapevolezza diffusa nell’esecutivo che le tariffe saranno per tutti e pesanti. Una volta valutato l’effettivo impatto sull'economia, si potrà provare poi a cambiare lo scenario trattando con l’Amministrazione americana, è la convinzione di Meloni, puntando su dialogo e diplomazia. Non in modo bilaterale, come auspicava la Lega, ma in una cornice europea.

In quest’ottica, due elementi vengono letti dai suoi fedelissimi come aperture di credito: il placet della commissione Ue alle modifiche sui Cpr in Albania e, prima ancora, l’intervista di sabato al Corriere della Sera, in cui von der Leyen ha riconosciuto alla premier «un ruolo molto importante a livello europeo», definendo «positivo» il fatto che abbia «un rapporto diretto» con Trump: «Più legami ci sono tra le due sponde dell’Atlantico, meglio è».

Le ultime parole della leader tedesca, che ha preannunciato la dura risposta europea, sono invece andate di traverso a Matteo Salvini. «Aprire guerre commerciali con gli Usa - avverte - è una scelta infelice, non fa l’interesse di nessuno». L’altro vicepremier, Antonio Tajani, chiarisce che «non dobbiamo piegare la testa, ma neanche essere antiamericani». E che «'Italia non può fare da sé, è competenza Ue, i dazi li fa l’Europa». Fra FI e Lega, per quanto la tregua stia reggendo, è sempre gelo. Le tensioni degli ultimi mesi rischiano di lasciare cicatrici sul governo, dove si registra anche un crescente fastidio di Meloni sulle puntualizzazioni leghiste in materia di politica estera. Così in un momento decisamente delicato, l'orizzonte del governo sembra ridursi alla primavera 2026, secondo i ragionamenti sempre più insistenti che si fanno in maggioranza.

Al di là delle rassicurazioni di Salvini ("Arriveremo al 2027, si metta l’anima in pace chiunque"), e degli azzurri che fanno spallucce ("Noi non creiamo alcun rischio"), la convinzione diffusa nella coalizione è che ci si debba far trovar pronti per le elezioni anche fra un anno. Con l'auspicio che un centrodestra ancora più forte in Parlamento possa anche gestire la successiva partita per l’elezione del Capo dello Stato, nel 2029. Nel frattempo si guarda alle Regionali in Marche, Veneto, Toscana, Campania, Puglia e Valle d’Aosta. Nel centrodestra non si respira grande ottimismo. E queste valutazioni sono accompagnate dalla consapevolezza che, per quanto stabile e longevo come questo, un governo difficilmente arriva a fine mandato con un consenso intatto. Si guarda quindi con attenzione ai sondaggi. E gli impegni di Meloni questa settimana a Limbadi, in Calabria, e a L’Aquila, vengono letti da molti, anche nel suo partito, come l’avvio di una strategia per tastare le piazze.

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1 Commento

Mario Loiero

02/04/2025 17:22

Cosa viene a fare Vance a Roma? Viene a degustare un̈a coda alla vaccinara, una cacioe pepe e altro della cucina romana , visto che con i contŕodazi certe specialità li potrà assaggiare solo in Italia. Forse ci spiegherà che in virtù della nostra amicizia ci applicheranno dazi di favore? Sicuramente al suo atterraggio a zRoma tirerà fuori qualche battuta da vaccaro , stile Groenlandia. Poveri noi con che gentaglia ci dobbiamo .misurare. I padri fondatori degli stati uniti si stanno rivoltando nella tomba ,sentendo tante volgarità.

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