
Le esenzioni di smartphone e pc dai dazi sono solo «temporanee»: i dispositivi elettronici importati saranno infatti soggetti probabilmente ad altre tariffe stabilite nell’ambito di un’indagine sul settore dei semiconduttori dovuta a motivi di sicurezza nazionale. La precisazione del segretario al commercio americano è un duro colpo per la Silicon Valley - Apple e Nvidia in primis -, per chi per sperava in un allentamento delle tensioni commerciali con la Cina e per i mercati, sui quali l’incertezza invece di diminuire sembra aumentare. Gli annunci, le retromarce e le precisazioni arrivate dall’amministrazione Trump negli ultimi dieci giorni hanno alimentato la volatilità a Wall Street e innescato una fuga degli investitori dal dollaro e dai Treasury, mettendo in dubbio lo status di 'rifugio' degli Stati Uniti nel sistema economico e finanziario globale. Proprio il biglietto verde e i titoli di debito americani sono gli osservati speciali di Wall Street e della Fed. Dopo aver assicurato di essere pronta a intervenire in caso di necessità, la banca centrale americana resta alla finestra. Il presidente della Fed di Minneapolis Neel Kashkari ha ostentato sicurezza per la riapertura dei mercati ma, allo stesso tempo, ha precisato che l’unica cosa che la banca centrale può fare in questo momento è ancorare le aspettative di inflazione. In questo contesto gli analisti guardano alla prossima settimana di scambi con preoccupazione, nervosa di fronte al nuovo atteso annuncio di Trump sui chip. Il timore è di un nuovo tonfo dei listini in mancanza di buone notizie sul fronte commerciale. L’esenzione dai dazi reciproci di smartphone e pc era stata accolta positivamente in quanto proteggeva Apple e Nvidia, due dei colossi della Silicon Valley cari a Wall Street. Ma trattandosi di una tregua solo temporanea la paura torna a salire.
«I dazi sui semiconduttori arriveranno in uno o due mesi», ha detto Howard Lutnick ai microfoni di Abc, spiegando che Trump da tempo aleggia la possibilità di dazi settoriali sui chip e sui farmaceutici. A chi gli chiedeva di precisare se le tariffe sull'iPhone potessero quindi tornare, il segretario al commercio ha risposto: «corretto, è giusto. Abbiamo bisogno che le nostre medicine, i nostri semiconduttori e i nostri dispositivi elettronici siano prodotti in America». La tempistica di 30-60 giorni identificata da Lutnick innervosisce gli investitori, già scettici sulla tregua di 90 giorni per i dazi reciproci perché non ritenuta sufficiente a cercare di raggiungere accordi commerciali con 150 paesi. La Casa Bianca ha più volte ripetuto negli ultimi giorni di essere stata già contattata da 75 paesi interessati a un’intesa sui dazi e appare intenzionata a privilegiare inizialmente Giappone, Corea del Sud, Vietnam e India per contrastare l’influenza cinese. La velocità con cui gli accordi saranno raggiunti determinerà - secondo gli analisti - le chance di recessione americana, sulla quali non c'è molto ottimismo. La precisazione dell’amministrazione è un colpo per Pechino, che aveva salutato come un «piccolo passo in avanti» l'esenzione di smartphone e pc dai dazi reciproci. «Esortiamo gli Stati Uniti a fare un grande passo avanti per correggere i propri errori, cancellare completamente la pratica errata dei dazi reciproci e tornare sulla giusta strada del rispetto reciproco», aveva detto il ministero al commercio cinese prima della gelata di Lutnick. L’esenzione per i dispositivi elettronici era stata lodata anche dall’Information Technology Industry Council, associazione di categoria. «Accogliamo con favore le esenzioni e incoraggiamo l’amministrazione a continuare a prendere provvedimenti» in questo senso, aveva commentato il vicepresidente esecutivo Sean Murphy. Il suo buon auspicio è però caduto nel vuoto con Lutnick e, anche se i dazi settoriali non saranno alti come quelli reciproci al 125% per la Cina, il rischio è un aumento dei prezzi che peserà sulle tasche dei consumatori americani e un balzo dell’inflazione.
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