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Una playlist per te. Un fischio da Leone: musica d'effetto, a tutti gli effetti

Se la musica è un linguaggio universale, il fischio...pure. E se la voce è a pieno titolo uno strumento, il fischio...pure. Arriva dove l'estensione talvolta non riesce, nelle altezze e nelle profondità. Senza parole, dice moltissimo. Musica vera, d'effetto, a tutti gli effetti. Colore, espediente, puro arrangiamento. D'apprezzamento, di dissenso o richiamo: è un codice. Una metafora dell'essenzialità della comunicazione.

Tanto che la piccola cittadina turca di Kuşköy è diventata patrimonio dell’Unesco proprio perché i suoi abitanti hanno fatto del fischio il modo per esprimersi, per capirsi, per scambiarsi. Basta la posizione delle labbra, la forma della bocca aiuta. Il resto dipende dalla cassa di risonanza dentro al petto e il suono che esce sprigiona musica. Liberatoria, armonica.

No, non si tratta del semplice fischiettare dal palco di una doccia, quello che a suo modo, in qualche modo ci fa tutti artisti di un unico, grande movimento. Piuttosto il fischio come riff. Testa, coda, anima o corpo di brani resi celebri proprio dalla sottile (o corposa, cavernosa, acuta, popolare, colta, solista) linea del suono. Il fischio che entra a bocca tesa nelle trame degli strumenti e si prende la scena nella memoria di chi ascolta. Senza accenti di parte, se non quelli dettati dallo spartito.

Questa playlist l'ha ispirata il fischiatore (sì, con lui, dopo di lui è diventato un mestiere) più celebre al mondo. Italiano. Si chiamava Alessandro Alessandroni, se non fosse che per loro natura, i miti non muoiono mai. Fu "il fischio" (così lo chiamava Fellini) western della trilogia del dollaro, l'uomo che ha dato carattere alle colonne sonore di Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone. Poi Alessandroni, compositore e strumentista, ha fischiato per molti altri. Lo chiamavano Trinità, ad esempio, porta la sua firma. "Le mie parti fischiate sono sul pentagramma", spiegava, "e guai a perdere l'intonazione, a sbagliare".

Quando chiesero a Morricone come mai avesse scelto lui, rispose: "Per caso, mi serviva un fischio e lui ha avuto coraggio". Alessandroni fu musicista vero, fischiò in Un sacco bello, con i Baustelle in Spaghetti Western, Jovanotti lo volle per Quando sarò vecchio.

Magari ad orecchio nudo non ci si fa troppo caso, ma anche la musica leggera italiana è piena fischi. Da Pino Daniele con la sua Je so’ pazzo ai Litfiba con Il mio corpo che cambia, passando per Sarà un bel souvenir di Ligabue, fino a quello ruffiano, accattivante di Gabbani in Viceversa. Classici all'occhiello di Fabrizio De Andrè, che ne Il Pescatore sostituisce il ritornello con una melodia fischiettata, senza testo. Il cullante, interiore fischio di Com'è profondo il mare di Dalla, quello consuntivo di Vasco in Vivere.

Nel panorama internazionale, indimenticabile Bobby Mc Ferrin con la sua Don’t worry be happy, dove fischio e schiocco fanno il ritmo del pezzo. Gli Scorpions, Wind of change; David Bowie, Golden Years; Peter Gabriel, Games Without Frontiers: lui al fischio e Kate Bush la voce. O la cantautrice siculo-americana LP, che accompagna Other People con la sua tecnica ininterrotta di fischiare sia nella fase di espirazione che in quella di inspirazione.

E Kill Bill?

Il motivo Twisted Nerve di Bernard Herrmann, compositore e direttore d’orchestra statunitense (vedi gli archi stridenti di Psycho), lo fischietta Elle Driver (nome in codice “serpente montano della California”), mentre avanza lungo i corridoi dell’ospedale dove è ricoverata Beatrix Kiddo.

Una sequenza di poche, ragionate inquadrature ne mostrano gambe e piedi, mentre stringe nella mano un ombrello rosso. Prima il fischio...poi Bang bang.

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