Vienna, 29 Marzo 1827. Il giorno del funerale del “possente titano", del “Prometeo”, il “sovrano del regno dei suoni”, il “divino Beethoven”, “il Michelangelo dell’arte musicale tedesca", "l’ultimo dei suoi eroi”.
“La figura di Beethoven – scrive ancora Artemio Focher nel suo Ludwig van Beethoven. 26-29 marzo 1827 (Libreria Musicale Italiana) – compositore e uomo, già aveva assunto, pur tra le riserve di taluni ambienti musicali del tempo, tratti eroico-mitici, quali mai erano stati attribuiti ad alcun altro precedente musicista. Il cosiddetto Beethoven-Mythos, infatti, avviatosi in modo discreto, ma con forte progressione, già negli ultimi anni di vita del Maestro, ebbe lo scatto decisivo e conseguì la sua prima, potente configurazione proprio con la morte e i funerali”.
Morì il 26 marzo Beethoven, e il racconto di quel giorno a Vienna, tra memoria e suggestione, ricorda i versi del Venerdì Santo dei cristiani. Un lampo che squarcia il cielo plumbeo, il suono del tuono che rimbomba nella stanza della sua agonia, una mano che si leva come un grido di battaglia. L'inizio dell'eternità, la consacrazione all'immortalità.
Tre giorni dopo, quel tempio umano risorge nella fede dei viennesi, venti mila si dice, forse di più. Una devozione e il suo ricorso ai segni del mondo, pare che pur di tenersi pezzi di lui si accaparrarono tante ciocche di capelli che la sua sepoltura fu a capo spoglio. Poi un fiume di anime per le strade del corteo, dietro un feretro già simulacro di qualcosa da consegnare al tempo senza tempo. Quindi l'arrivo alla chiesa dei minoriti, l'orazione di Grillparzer.
E la storia si fa Storia. Di quelle che, a duecentocinquant'anni dalla nascita...ancora vale la pena di raccontare. Sempre. Per sempre.
Intrisa della leggenda col suo fascino, il fascino di Beethoven e il suo destino, che bussa all’orecchio assoluto del genio sordo per l’incipit della Quinta. Trentadue sonate per pianoforte, cinque concerti, nove sinfonie, le composizioni da camera.
Il maestro Filippo Arlia alla direzione della Filarmonica della Calabria chiuderà le danze di questa playlist. Con la Nona, “il suo capolavoro più significativo, quello che nelle emozioni e nei fatti ha rivoluzionato la storia della letteratura sinfonica grazie ad una immensa intuizione: l’introduzione di quattro solisti ed un coro dove nessuno li aveva mai immaginati”.
Tempi di ampio respiro, "ma soprattutto la didascalia, a suo modo pedagogica. Un messaggio rivolto ai giovani perchè comprendano l'attualità del classico". E quel Quarto Movimento, l'Inno alla Gioia, sigla e vessillo dell'Unione Europea. "Un discorso di speranza tra la poesia e una certa politica in un momento complesso della nostra storia recente".
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