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Una playlist per te. Milva, la pantera rossa di Alexanderplatz

Milva non morirà mai, consacrata com'è sull'altare degli eterni. Quelli che nella vita terrena magari li discuti, li scegli o li scarti. E che poi, d'improvviso, ti mancano come la terra che lasciano. Così li ritrovi lì, bellissimi, intoccabili, immutabili. E restano gli applausi, le mani a tempo, incisive, un giro semplice. Il testamento

Una voce difficile, la sua. Indigesta come quando ti abbuffi di frequenze, strutturata e amabile come certi vini, di quelli che li butti giù e senza renderti conto ti ubriacano, ti ammorbidiscono di durezza. Una faccia difficile, la sua. Con gli occhi distanti e i tratti del pentagramma in fronte, sulle labbra, nella cassa di risonanza ruvida della sua anima "contralta".

Una carriera difficile la sua. Giocata. Sulle scelte dei grandi. Sulle sue grandi scelte. Centosettantré opere tra Giorgio Strehler, Ennio Morricone e la sua dedica, Sanremo e i secondi posti alti più dei primi, la Scala, Berio, il tango di Astor Piazzolla, Bertolt Brecht, Alda Merini, Enzo Jannacci, Franco Battiato... Battiato e Alexanderplatz. Quel posto nel quale amare Chopin, un luogo caldissimo di neve fredda, di borse sotto agli occhi, di passi verso la frontiera.

Un animale difficile, tra aquile e tigri... la regalità difettosa e nera della sua pantera. Che vede anche di notte. Sinuosa, sensuale, sensoriale, elegante, veloce e intelligente. Mimetica. Sfuggente, il fantasma della giungla. Predatrice di successi.

Un colore difficile, il suo. Quel rosso come il sangue, partigiano come chi prende parte, fa parte, interpreta una parte della quale è la parte migliore.

Una malattia difficile, la sua. Cinquant'anni di volume e poi il silenzio. Consapevole, ascoltato. Ritirato eppure presente. Persistente.

Milva è morta. Lo ha detto sua figlia, lo hanno scritto tutti, tra le righe di un curriculum artistico infinito. Che ha viaggiato per la Francia di Edith Piaf, verso il Giappone, la Corea del Sud, Grecia, Spagna, Russia, Sud America. La Germania, di cui è stata madre e figlia. Il lungo e il largo dell'esistenza. Il mondo che ha conquistato con le medaglie al valore dei suoi dischi le ha restituito spazio, le ha tributato merito.

Milva non morirà mai, consacrata com'è sull'altare degli eterni. Quelli che nella vita terrena magari li discuti, li scegli o li scarti. E che poi, d'improvviso, ti mancano come la terra che lasciano. Così li ritrovi lì, bellissimi, intoccabili, immutabili. E restano gli applausi, le mani a tempo, incisive, un giro semplice. Il testamento.
«Alla mattina, appena alzata, bella ciao bella ciao, bella ciao ciao ciao. Alla mattina, appena alzata, in risaia mi tocca andar. Ma verrà un giorno che tutte quante lavoreremo in libertà».

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