La scelta dell’arte come confronto, della poesia e della musica come mezzo di pacificazione, in «Orlando: le forme dell’amore» (Inside out Music/Sony Music Group), concept album uscito per i 50 anni di carriera del Banco del Mutuo Soccorso, band capofila del rock progressivo italiano. Quindici tracce liberamente ispirate all’«Orlando Furioso» di Ludovico Ariosto, spudoratamente attuale nel ritrarre il bene e il male dell’animo umano, e declinare l’amore in tutte le sue forme. Pacifista ed antimilitarista, la band conferma in quest’opera della maturità gli ideali di sempre, nella scelta contenutistica di liriche evocative dell’oggi e nel tappeto musicale fedele al progressive, ma fortemente contemporaneo.
Scritto da Vittorio Nocenzi, fondatore, tastierista e autore del Banco, col figlio Michelangelo (musiche) e Paolo Logli (testi), l’album sarà proposto in concerto domani al Teatro Abc di Catania, il 3 al Golden di Palermo e il 4 al Palacongressi di Agrigento. In scaletta anche i brani del «Salvadanaio», l’album di debutto del 1972, e un medley di altri successi, da «Moby Dick» a «Paolo, Pa» .Con Nocenzi e il figlio, al piano e alle tastiere, Filippo Marcheggiani (chitarra elettrica), Nicola Di Già (chitarra ritmica), Marco Capozi (basso), Dario Esposito (batteria) e Tony D’Alessio (lead vocal), successore della storica voce del gruppo Francesco Di Giacomo.
Ed è proprio col brano apripista del primo disco, «In Volo», dove sono citate le figure di Astolfo e del suo cavallo alato Ippogrifo, che quest’ultimo album riannoda i fili: «Nel 2013 Michelangelo ci ricordò l’anniversario del “Salvadanaio”, che sarebbe caduto nel 2022, e i versi iniziali di “In Volo”, suggerendoci di festeggiare la ricorrenza con un intero album ispirato all’”Orlando” – racconta Nocenzi – . Una chiusura del cerchio che ha rappresentato una ripartenza, su un autore di straordinaria modernità. Abbiamo fatto un lavoro di grande meditazione sul testo, ispirati dal lavoro di analisi e riscrittura fatto da Calvino. Non potendo musicare tutto, abbiamo scelto quegli episodi che ci hanno commosso e affascinato, anche in relazione all’oggi».
Come il testo originale «Orlando: le forme dell’amore» mostra tutte le declinazioni del sentimento...
«L’oggetto principale del disco è proprio l’amore in tutte le sue forme. C’è l’amore rifiutato di Angelica verso Orlando (“Non mi spaventa più l’amore”), quello inatteso di cui si sente oggetto il soldato musulmano Medoro da parte della stessa Angelica (“Com’è successo che sei qui”). Ma anche l’amore fra amici, il sentimento che lega Astolfo ad Orlando e spinge Astolfo a volare sulla luna per riportare la ragione all’amico (“Moon Suite”). Anche l’amore possessivo della maga Alcina verso lo stesso Astolfo è molto significativo (“L’Isola Felice”), perché rappresenta il momento in cui questo sentimento diventa malsano».
La cornice è quella della guerra fra Cristiani e Musulmani, piuttosto evocativa, nella traccia “La pianura rossa”, che contiene anche la tematica ambientalista. È una vostra licenza sulla modernità dell’opera originale?
«Proprio così. Infatti il conflitto richiama gli avvenimenti di questi ultimi anni con l’Isis, ma ci siamo presi la licenza di ambientare la guerra in un Mediterraneo completamente prosciugato, dove il fondo del Mare Nostrum è diventato una pianura di sabbia con una sola sorgente d’acqua, sorvegliata dai guardiani degli Occidentali che non fanno avvicinare carovane di persone disperate e assetate che vogliono sopravvivere. “La pianura rossa”, che riporta la guerra fra i due popoli, contiene anche la figura del Mago Atlante che osserva tutto dai monitor del castello del potere, per evocare i poteri occulti dietro i conflitti».
Ma c’è anche con l’emancipazione femminile di “Non serve tremare”…
«Angelica fugge da un futuro di successo come sposa del più prode paladino dell’Impero, perché non vuol essere un oggetto di scambio, ma una creatura libera di scegliere il proprio destino. Un concetto modernissimo per l’epoca. L’inseguimento della donna da parte di Cristiani e Saraceni ci ha fatto rendere questo episodio un manifesto contro la violenza alle donne, come “Paolo, Pa” lo era per la stigmatizzazione dell’omosessualità».
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