La vita è strana. Ti chiami Lorenzo Urciullo, sei di Solarino in provincia di Siracusa e sin da bambino vuoi fare il musicista. Ma siccome ti chiami Lorenzo Urciullo, pensi bene di scegliere un nome d’arte più evocativo e ti ispiri a una delle leggende siciliane più belle e tragiche, quella di Colapesce, il pescatore Cola di Messina che, essendo un provetto nuotatore, si immerge e scopre che una delle tre colonne che sorreggono l’isola di Sicilia è crepata e potrebbe sgretolarsi. Allora Colapesce si sacrifica e resta sott’acqua per impedire alla sua terra, dove riemergerà una volta ogni cent’anni, di affondare. A questa leggenda si ispira il tuo EP di esordio nel mondo indie, nel quale militi con onore per una decina d’anni prima di formare un duo insieme al tuo amico e collega palermitano Antonio Di Martino, in arte Dimartino – sì, noi siciliani abbiamo una fantasia che va e viene – ed è un trionfo: Lo stretto necessario scritta per Carmen Consoli e Levante, Luna araba con la stessa Consoli, poi Musica leggerissima che arriva quarta a Sanremo e vince tre dischi di platino, quindi il tormentone Propaganda con Fabri Fibra. Sei sul prestigioso palco di XFactor per presentare il nuovo disco del duo, Lux Eterna Beach, e la conduttrice Francesca Michielin (voto 0) – che, lo ricordiamo, ha studiato al Conservatorio e ha già mostrato al mondo di conoscere la differenza tra fingerpicking e tapping – ti chiede papèle papèle: «Nel disco c’è un duetto con Ivan Graziani, come è stato lavorare con lui?».
Gelo, perché Ivan Graziani è morto da più di venticinque anni e all’XFactor Arena devono saperlo tutti, tranne la Michielin. Abbozzi, prendi tempo, cerchi di organizzare nella tua mente una risposta che spieghi la situazione senza mortificare la conduttrice, sicuramente ti passeranno per la testa due o tre risposte intrise di ironia sicula che scarti all’istante, nel frattempo la telecamera ti sta inquadrando e la tua espressione è un mix di imbarazzo, incredulità, fors’anche un pizzico di indignazione... ma il problema è che dura troppo. E mentre quel bastardo di Dimartino fa un passetto indietro ed esce per sempre dall’inquadratura, tu resti lì, attonito – anzi, basìto come direbbero in Boris – e diventi un meme. Che triste destino: già forse ti stava un po’ sulle balle essere citato per Musica leggerissima che è un brano pop (anche se solo apparentemente banale), e invece sarai ricordato in eterno per la faccia che hai fatto quando la Michielin ha resuscitato Ivan Graziani. Dubbi? Provate a googlare “Colapesce”, tra i primissimi risultati suggeriti verrà fuori “Colapesce Ivan Graziani”. Sì, la vita è strana.
Capite bene che, con una storia così ghiotta, la gara passa in secondo piano. Ed è un peccato, perché la puntata sulla “musica ribelle” – non quella di Eugenio Finardi, ma in generale – è gradevole, soprattutto la prima manche. Con la ragguardevole eccezione di Andrea Settembre (voto 4), che canta in napoletano Girls just want to have fun di Cyndi Lauper, cioè sì, la canta in inglese, ma sembra cantata in napoletano pure prima delle barre in italiano inserite nel testo. Brutta, brutta esibizione della quale non si salva nulla. A differenza di Matteo Alieno (voto 7), che pure non ha la vocalità insinuante di Manuel Agnelli e perde un po’ di precisione dispiegando la sua rabbia nella bellissima Non è per sempre degli Afterhours. Non la sua prova migliore, ma ce n’è a sufficienza per andare avanti eccome. Qui si apre il nuovo capitolo della faida Morgan (voto 8)-Astromare (voto 8). Perché il Nostro, enigmatico e contorto come si conviene, assegna alla band che non voleva un brano che non è ribelle, almeno in senso letterale o testuale, ma che è la parte terminale della rivoluzione musicale operata dai Genesis tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta: Anyway, tratta dal concept album The lamb lies down on Broadway che segna l’apice e insieme la consunzione dell’epopea del gruppo con Peter Gabriel («l’Impero alla fine della decadenza», scriverebbe Paul Verlaine). Il fatto che è i due hillbilly romagnoli, senza Jerry Lee Lewis suonato con i gomiti e senza sgabelli fatti volare sul palco, si disimpegnano in maniera esemplare dimostrando che sì, sanno suonare e doppio sì, non sanno suonare solo quella roba.
Più appropriata l’assegnazione di Fedez (voto 7) all’eclettica Maria Tomba, che non disdegna di cantare Sono un ribelle, mamma degli Skiantos fasciata nell’ennesimo pigiamino. Presenza scenica, intonazione, un’evidente soddisfazione per quello che sta facendo dall’inizio dei live: Maria ha tutto. Voto 8. Rischiano invece gli Stunt Pilots (voto 6), più che altro per un’assegnazione non del tutto centrata da parte di Dargen (voto 5): Nessuno mi può giudicare di Caterina Caselli è canzone ribelle per eccellenza, ma di una ribellione musicalmente troppo lontana dal mondo degli Stunt Pilots perché la cover possa risultare in qualche modo credibile. Poi loro suonano bene e arrangiano anche molto bene, stavolta però meno di altre. Vanno al ballottaggio, anche perché a chiudere la prima manche è Angelica con una versione di Generale di Francesco De Gregori sulla quale varrà la pena spendere qualche parola. Si tratta di uno dei più commoventi – e insieme potenti – brani mai scritti sulla guerra, una pietra d’inciampo del cantautorato italiano, una di quelle canzoni che non si dovrebbero mai assegnare. Lei canta in un soffio, magari esagera un filo nel finale, ma per il resto consegna agli archivi del programma una esibizione favolosa. Piangono tutti al tavolo, Fedez correttamente ricollega il brano all’attualità e Morgan la definisce migliore sia della versione originale sia di quella di Vasco Rossi, nel complesso è il momento più bello della trasmissione. Voto 10, ma non è che sia un caso se su questo repertorio Angelica sia imbattibile; sta alla sua giudice valorizzarla e non sbagliare miseramente le assegnazioni come nella puntata precedente.
Superato il momento cringe Colapesce-Dimartino-Michielin-Ivan Graziani (sembra l’elenco di autori di una canzone di Sanremo, a proposito: ma quanto è figa Sesso e architettura?) arriva la seconda manche e Ambra (voto 4) consuma, anzi perfeziona il suo primo “suicidio” della gara assegnando a Povero Gaetano (voto 4 pure lui) una improponibile versione stile Barry White di Born this way di Lady Gaga. Povero Gaetano: ha perduto non la compagna, ma la compagnia, nel senso che la saluterà a fine puntata. Nell’otto dato a Morgan c’è anche il compiacimento per l’esperimento da scienziato pazzo fatto con i problematici Sick Teens (voto 7,5): l’assegnazione-civetta di Sunday bloody Sunday degli U2, con tanto di discorsetto «Voi non mi seguite, d’ora in poi mi dedico agli Astromare, scegliete voi cosa suonare», e quella Rebel Rebel di David Bowie quasi buttata lì – «che peccato, vi avrei dato questa» – con la quale il giudice-vampiro li alletta e infine li piega al suo volere. Fatta veramente bene, peraltro.
Il finale della manche procede piuttosto liscio, nel senso che probabilmente ormai tutti hanno capito che Povero Gaetano saluterà la compagnia. Sarafine (voto 8) si libera della loopstation (la console che l’aveva accompagnata sin dalle audizioni) ma non arretra nella produzione di Get up, stand up di Bob Marley and the Wailers, Il Solito Dandy (voto 9) continua a sorprendere restituendo un’intensa Compagno di scuola di Antonello Venditti, Selmi (voto 6), poverino, distrugge la povera La libertà di Giorgio Gaber ma ormai i giochi sono fatti e si salverebbe pure abbaiando. Al ballottaggio non è necessario il tilt: gli Stunt Pilots si rifugiano in una assolutamente adeguata Kiss di Prince, Povero Gaetano si schianta a bassa quota – cioè sulle note basse – di Pensiero stupendo di Patty Pravo, anzi di Ivano Fossati e Omar Prudente per Patty Pravo, e finalmente libera il palco, la scrivania e il comodino accanto al letto nel loft. La prossima settimana è già tempo di “Hell Factor” e di doppia eliminazione, occhio perché Ambra ha ancora nel mirino il record di Levante.
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