Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Il faro della cultura per la salvezza dei migranti: strepitoso Muti a Lampedusa

In quel luogo di confine l’atto finale, emozionante delle Vie dell’Amicizia

Il muro della cava in cui è scavato il teatro di Lampedusa è una parete di pietra che s’illumina di candele, metafora potente di un confine che nell’isola evoca il dramma dei migranti, ed è un giallo sabbioso («sembra quasi venga dall’antico Egitto» dice Muti) graffiato da segni che sembrano croci, che assorbe e rimanda i suoni dei coloratissimi strumenti dell’Orchestra Luigi Cherubini – in tutto 15 sul palco – realizzati con le assi dei barconi che li hanno portati fin qui dal laboratorio che si trova nel carcere di Opera, iniziativa della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti che li ha messi a disposizione per l’occasione e nati da un’intuizione di Arnoldo Mosca Mondadori.

«Legni di morte e legni di speranza, che hanno trasportato donne, uomini e bambini in un viaggio che a volte li ha portati in salvo, altre li ha trascinati in fondo al mare», dice il maestro Riccardo Muti che non si risparmia e quest’anno ha portato fin qui la XXVIII edizione de Le vie dell’Amicizia, che il Ravenna festival questa volta dedica al viaggio dei migranti, idea di salvezza che troppo spesso si trasforma in tragedia e che Muti fa sua in una perfetta, quanto accorata, esecuzione.

«Oggi siamo andati alla Porta d’Europa di Mimmo Paladino – racconta ancora Muti – da cui si entra simbolicamente in Italia e in questo continente che è, e deve continuare ad essere, luogo, faro di cultura. I migranti non li dobbiamo solo salvare ma è del dopo che ci dobbiamo preoccupare ed è il mondo intero che se ne deve preoccupare, non solo l’Italia». Per il maestro «sono affermazioni dal valore politico ma in senso alto, non di partito, parole di una persona che crede nella fratellanza». Il maestro pensa che sia preoccupante «il fatto che in Europa stia diminuendo l’interesse per la cultura, qui si parla solo di guerre mentre la città di Seul ha venti orchestre e in Cina costruiscono grandi teatri e si comportano come facevano gli antichi romani assorbendo il meglio delle altre civiltà. La musica è un elemento connettivo che va coltivato e rilanciato. L’Europa non deve parlare solo di mozzarelle ma deve investire in cultura».

E continua con la sua solita energia: «Sono tantissimi gli elementi simbolici in questo concerto, tutti complementari, evocativi. Per questo per me è uno dei viaggi dell’Amicizia più importanti, più significativi da quella prima volta, nel 1997, a Sarajevo. Poi l’altro che mi è rimasto nel cuore è stato quello ad Erevan ed Istanbul, con lo scambio tra gli artisti, era la prima volta che accadeva una cosa simile». Un concerto importante quello di Lampedusa «che vuole essere un omaggio a tutta l’isola e alla sua gente, nella sua grande generosità» in cui però spiccano le assenze istituzionali. «Ci sono io! Non basto?», risponde con una battuta Muti a chi glielo fa notare, però non mancava sotto il palco Claudio Baglioni.

Così nel Teatro naturale della cava si è alzato il lamento lacerante del bellissimo «Stabat mater» che Giovanni Sollima ha composto su versi di Filippo Arriva in antico siciliano: «Dovrebbe diventare un pezzo di repertorio», commenta Muti. Per lo Stabat Mater, all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e al Coro della Cattedrale di Siena Guido Chigi Saracini preparato da Lorenzo Donati si uniscono il bravo controtenore Nicolò Balducci, Lina Gervasi al theremin (che però a Lampedusa si blocca per l’umidità altissima che bagna strumenti e spettatori) e lo stesso Sollima in un meraviglioso assolo con il suo violoncello striato di bianco rosso e verde che lascia senza fiato, ripercorrendo quel dolore universale che non è solo di Maria per la morte di Cristo ma di tutte le madri che perdono un figlio, cullandolo alla fine in una straziante ninna nanna senza ritorno.

Il programma musicale della serata però si apriva – dopo la banda dell’associazione Lipadusa e il Coro a coro di Rachele Andrioli con il canto delle madri palestinesi – con l’originale «Limen | Samia | Limen», una molto evocativa composizione elettroacustica commissionata dal Festival ad Alessandro Baldessari, componente della Cherubini come contrabbassista che ha firmato anche le musiche originali e gli arrangiamenti dello spettacolo «Non dirmi che hai paura», primo atto de Le vie dell’Amicizia andato in scena al Teatro Alighieri di Ravenna, dedicato alla storia della velocista somala Samia Yusuf Omar, fra coloro che hanno perso la vita in fuga da guerra, povertà e carestie, e orchestrata da Claudio Cavallin. Qui è il mare che prende il sopravvento con quel fondo leggermente dissonante che domina tutto il concerto, come salisse un canto dal fondale che è un lamento, dolcissimo, ma un lamento che prende il cuore.

Oggi in edicola

Prima pagina

Caricamento commenti

Commenta la notizia