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Lo spettacolo della Notte della Taranta. L'innovazione di Shablo conquista i giovani

Un concerto adattato ai tempi televisivi, non il concertone. Note che hanno raccontato sì di origini ma non di Tarante perché interrotte da spot e interventi che non hanno aggiunto o spiegato, ma solo spezzato tempi 'tarantolatì. Archi e piano come entrée di musiche che il pubblico della Notte della Taranta ascolta e riconosce anche lontano dal palco di Melpignano, accendendo la radio o scaricando Spotify. Una scaletta che ha festeggiato le acrobazie tarantolate in modo nuovo.

Il maestro concertatore, Shablo, producer e dj, ha fatto quanto promesso: contaminare. Il risultato è una sporcatura innovativa di spartiti che nel Salento sono sacri. Molti dei 30 brani sono sembrati lenti, non travolgenti come impongono i diktat della tradizione popolare ma hanno conquistato i più giovani. Si sono fatti ascoltare ma non hanno fatto saltare, forse per conquistare le quasi tre ore di diretta su Rai tre. Sul palco, con il logo della Taranta cancellato da Emilio Isgrò, ci sono due tarantole di cartapesta arrivate da Putignano e alle loro spalle la memoria, con un piano addomesticato dal direttore di orchestra Riccardo Zangirolami, e dall’altra le "attrezzerie» di Shablo, ovvero quanto di tasti, regolatori di volumi e tastiere serve a chi deve far ballare. E a ballare è stato il corpo di ballo della Taranta, integrato da sei danzatori portati dal coreografo, Laccio: una commistione riuscita.

Riuscita è stata l’interpretazione di Angelina Mango che con 'La noià pizzicata e 'Su piccolinà ha indossato l’abito che le era stato donato. Accento azzeccato, balletto eseguito, la vincitrice di Sanremo ha abolito il suo consueto andirivieni sul palco, per una interpretazione più pacata e a tema. Abito rosso e nero, circondata da ballerini velati, Angelina ha saputo immergersi, forte del Dna lucano, nel mondo salentino che l’ha acclamata e attesa. Reduce da una estate di Sesso e Samba, Gaia ha invece portato il portoghese di Chega sul palco del concertone. In reggiseno lucente e gonna stretta e lunga, pronta forse più per una passerella di Saint Tropez che per la Taranta, l’artista ha mostrato caparbietà e impegno nell’imparare, nel mettersi in gioco, nel misurarsi con ritmi e testi sconosciuti. Ha strappato il consenso del pubblico interpretando MenaMenaMò. Georlier e Ste, i due napoletani arrivati in Puglia per sbaragliare le carte del concertone, hanno vestito i loro panni senza clamori.

L’argento di Sanremo ha riproposto la hit festivaliera che lo ha consacrato alla massa: nessuna volontà di fare qualcosa di diverso, poche le note tarantolate. La potenza della voce di Ste, 28enne nigeriana da Castelvolturno, ha ammutolito il pubblico con l’esecuzione a cappella di Tammuriata nera, accennata e sentita. Spazio poi al suo ultimo lavoro: Lose control, scritta col maestro concertatore Shablo. È stato lui a volere le giovani stelle della musica italiana a Melpignano nella edizione che come slogan ha scelto «Generazione Taranta» omaggiando chi è nato quando il concertone era già uno storico appuntamento pizzicato e a cui tocca la responsabilità del futuro. Il concertone numero 27 è archiviato anche come il primo per Massimo Bray, tornato alla guida della Fondazione da poco meno di due mesi. E si può dire che seppure elegante, tanghero, melodico e pop, è stato quello in cui la pizzica ha avuto poca voce.

Foto tratta dalla pagina Facebook ufficiale della manifestazione

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