Martedì 30 Aprile 2024

"Sharenting", foto e video dei piccoli sui social: il Garante della Privacy "richiama" i genitori

Con il termine “sharenting” si intende il fenomeno della condivisione online costante da parte dei genitori di contenuti che riguardano i propri figli/e (foto, video, ecografie, storie). L’argomento è affrontato dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali con un approfondimento sul sito istituzionale https://www.gpdp.it/web/guest/temi/minori/sharenting Il neologismo, coniato negli Stati Uniti, deriva dalle le parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità). La gioia di un momento da condividere, pubblicando l'immagine dei propri figli, è un'emozione comprensibile, ma allo stesso tempo è necessario chiedersi se ci sono rischi nell’eccessiva e costante sovraesposizione online. Lo sharenting è un fenomeno da tempo all’attenzione del Garante, soprattutto per i rischi che comporta sull’identità digitale del minore e quindi sulla corretta formazione della sua personalità. La diffusione non condivisa di immagini rischia inoltre di creare tensioni anche importanti nel rapporto tra genitori e figli. È dunque necessario che i “grandi” siano consapevoli dei pregiudizi cui sottopongono i minori con l’esposizione in rete (e quindi tendenzialmente per sempre) delle foto dei figli, anche in termini di utilizzo delle immagini a fini pedopornografici, ritorsivi o comunque impropri da parte di terzi. Per questo, già dalla  Relazione annuale 2021,  l’Autorità ha proposto di estendere a questi casi la particolare tutela assicurata dal Garante sul terreno del cyberbullismo. È bene riflettere sul fatto che postare foto e video di diversi momenti della vita dei minori, magari accompagnati da informazioni tra cui l'indicazione del nome o l'età o il luogo in cui è stato ripreso, contribuisce a definire l’immagine e la reputazione online. Ciò che viene pubblicato on line o condiviso nelle chat di messaggistica rischia di non essere più nel nostro controllo e questo vale maggiormente nel caso dei minori. Quando qualcosa appare su uno schermo, non solo può essere catturato e riutilizzato a nostra insaputa da chiunque per scopi impropri o per attività illecite, ma contiene più informazioni di quanto pensiamo, come ad esempio i dati di geolocalizzazione. Pensiamo sempre che i nostri figli in futuro potrebbero non essere contenti di ritrovare loro immagini a disposizione di tutti o non essere d’accordo con l’immagine di sé stessi che gli stiamo costruendo. È bene essere consapevoli che stiamo fornendo dettagli sulla loro vita e che potrebbero anche influenzare la loro personalità e la loro dimensione relazionale in futuro. Se proprio decidiamo di pubblicare immagini dei nostri figli su canali digitali, è importante provare almeno a seguire alcune accortezze, che riducano le conseguenze legate alla permanenza dei dati. Tra i suggerimenti, ad esempio,  rendere irriconoscibile il viso del minore  (ad esempio, utilizzando programmi di grafica per "pixellare" i volti, disponibili anche gratuitamente online);  coprire semplicemente i volti con una “faccina” emoticon;  limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social  network  solo alle persone che si conoscono o che siano affidabili e non le condividano senza permesso nel caso di invio su programma di messaggistica istantanea; evitare la creazione di un account social dedicato al minore; leggere e comprendere le informative sulla privacy dei social network su cui carichiamo le fotografie. Rubrica settimanale pubblicata sull'inserto Noi Magazine di Gazzetta del Sud, dedicato ai giovani e all'Istruzione, in collaborazione con il Garante  per la Protezione dei Dati Personali nell’ambito dell'adesione di Società Editrice Sud al  Manifesto di Pietrarsa, l'iniziativa del GPDP per l'educazione digitale in particolare delle giovani generazioni.  

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