Giovedì 21 Novembre 2024

La scuola che insegna a... stare bene: competenza e non competizione per ridurre lo stress ed essere felici in classe

Un ambiente empatico e accogliente, in cui sia bello recarsi ogni mattina. Avvertendo, certamente, la percezione dello sforzo fisico e intellettuale richiesto, ma in chiave positiva, quale elemento essenziale del percorso di crescita personale e miglioramento delle competenze, in un contesto attrattivo, capace di tirare fuori il meglio da ogni persona che lo abita: studentesse e studenti, ma non solo. È la “scuola del benessere”, un posto in cui non si imparano “soltanto” nozioni, ma in cui si sente di stare bene, di essere compresi e aiutati. Un obiettivo possibile, ma lontano, come le analisi sul mondo scolastico, e le cronache, fanno emergere, talvolta anche drammaticamente. E proprio “Well-being at School” è il tema annuale scelto da eTwinning, la più grande community europea di insegnanti (oltre 1 milione, di cui 116.00 in Italia) con progetti collaborativi tra scuole, nata nel 2005 su iniziativa della Commissione Europea tra le azioni di Erasmus+. Tutti gli approfondimenti sul sito di Indire, l’Istituto di ricerca del Ministero dell’Istruzione: fino al 29 marzo è in corso la Campagna di primavera sul tema, con strategie volte anche a superare discriminazioni e atti di sopraffazione come il bullismo. Di benessere a scuola, e difficoltà da parte dei giovani nel gestire lo stress, abbiamo parlato con la prof.ssa Luana Sorrenti, associata di Psicologia dello Sviluppo e dell’educazione del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Ateneo di Messina e responsabile Area Formazione del Centro di Ricerca e Intervento Psicologico. Malessere e benessere: cosa si intende? «Negli ultimi anni - evidenzia Sorrenti - i media riportano sempre più frequentemente casi di “malessere psicologico”, “fragilità”, “intolleranza a gestire la frustrazione e lo stress” negli adolescenti. Sembra emergere, tuttavia, una certa difficoltà a definire questo concetto di “malessere” in maniera concreta, così come ci si interroga su come poter arginare il fenomeno e condurre i giovani verso il “benessere psicologico”. Proviamo a chiarire un po’ meglio questi due costrutti - quello di malessere e quello di benessere psicologico - che, pur sembrando opposti, rappresentano due facce della stessa medaglia, ovvero il funzionamento dell’individuo». «Nel 2009 - spiega la docente - l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che il concetto di “salute” deve essere inteso come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattia”. Ciò significa che il benessere dell’individuo dipende da numerosi fattori fisici, psicologici e sociali (come le percezioni sulla salute, sulla forma fisica, la soddisfazione e il benessere, le relazioni sociali e altri fattori relativi all’ambiente in cui si vive)». Secondo la Psicologia Positiva, fondata dallo psicologo statunitense Martin Seligman e richiamata dalla docente Unime «alcuni dei numerosi fattori soggettivi che promuovono il benessere psicologico, sono i seguenti: conoscenza e accettazione di sé; sperimentare emozioni positive e focalizzarsi su di esse piuttosto che sugli eventi negativi, in modo da affrontare la propria vita con ottimismo e positività; la qualità delle relazioni con le persone significative, caratterizzate da empatia, affetto, intimità; percepire la propria vita come significativa, dotata di scopo e direzione; l’autonomia, cioè considerarsi indipendenti, in accordo con le proprie personali convinzioni, resistendo alle pressioni sociali; l’impegnarsi in attività che favoriscano lo sviluppo di nuove abilità e competenze e non la competizione e il raggiungimento della perfezione a tutti i costi; la capacità di stabilire obiettivi realistici e di realizzarli, insieme alla capacità di fare uso dei propri talenti e delle proprie potenzialità. Pensiamo a quanto sia importante coltivare nei nostri giovani queste abilità, che possiamo definire, con un termine oggi sempre più diffuso, life skills, poiché aiutano l’individuo ad essere sempre più resiliente di fronte alle difficoltà della vita». La classe: ambiente supportivo e non ostacolante «Oltre a questi fattori individuali, è necessario prestare attenzione anche al ruolo dell’ambiente di vita dell’individuo, ambiente che deve essere supportivo e non ostacolante. Il supporto sociale è particolarmente importante, in quanto le relazioni sociali permettono di sperimentare esperienze positive e di mettersi in gioco in ruoli stabiliti e gratificanti all’interno della comunità, con ricadute favorevoli sull’autostima. Inoltre, la possibilità di ricevere aiuto in caso di necessità diminuisce l’impatto negativo degli eventi stressanti e stimola la ricerca di strategie per far fronte alle avversità». «Se ne deduce - aggiunge Sorrenti - che alla base del benessere individuale ci siano fattori individuali e contestuali e che la promozione di esso richiede la definizione di una strategia in grado di supportare approcci integrati, multidisciplinari e l'ausilio di strumenti operativi validati nella loro efficacia, il cui obiettivo è quello di aiutare le nuove generazioni a conseguire il pieno benessere psicofisico». A scuola un’educazione “positiva” «Ma chi deve svolgere questo importante ruolo? Gli studi - osserva la responsabile Area Formazione Cerip - hanno posto particolare enfasi al ruolo supportivo delle principali figure educative, ovvero genitori e insegnanti. Volendoci soffermare in particolare sul ruolo della scuola, la psicologia della salute parla della necessità di una “Educazione Positiva”, che significa costruire una scuola in cui, senza compromettere le competenze, si possano insegnare anche le abilità che promuovono il benessere. La letteratura psicologica mostra che gli studenti che percepiscono il contesto scolastico come supportivo mostrano alti livelli di soddisfazione dei bisogni psicologici, incrementando l’impegno e la motivazione nello studio, il rendimento e l’adattamento scolastico. Se, al contrario, la scuola rappresenta un contesto “ostile” per lo studente, quest’ultimo sarà vulnerabile di fronte alle difficoltà e alle sfide che gli si presenteranno (pensiamo agli ultimi eventi che hanno riguardato gesti estremi compiuti da studenti sopraffatti dall’ansia). Tuttavia, le istituzioni scolastiche non possono essere lasciate sole nello svolgimento di questo compito. È fondamentale una sinergia tra le istituzioni, come avviene già in alcune regioni italiane in cui gli istituti scolastici hanno aderito alla Rete Europea delle Scuole che Promuovono Salute, ovvero una rete consolidata di Coordinatori Nazionali nei paesi dell’Unione Europea, la quale, a partire dal 1992, è impegnata a rendere la promozione della salute a scuola una parte integrante dello sviluppo di politiche nei settori di istruzione e sanità europei. La letteratura scientifica ha ormai ampiamente dimostrato che bambini e adolescenti in buona salute e che si trovano bene a scuola imparano meglio; allo stesso tempo, quando essi frequentano la scuola e sono inseriti in un processo di apprendimento positivo hanno migliori opportunità di salute. Al contrario, avere un rapporto difficile con la scuola non solo aumenta le probabilità di insuccesso scolastico, ma determina una riduzione complessiva della qualità della vita degli adolescenti e conduce con più facilità all'adozione di stili di vita negativi». Promuovere il benessere a scuola potenziando le life skills «Ad esempio - spiega Sorrenti - strutturando, attraverso un lavoro sinergico tra le principali figure coinvolte nell’educazione e nella salute di studentesse e studenti, interventi mirati a potenziare life skills EMOTIVE (consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, gestione dello stress), RELAZIONALI (empatia, comunicazione efficace, relazioni efficaci) e COGNITIVE (risolvere i problemi, prendere decisioni, pensiero critico e pensiero creativo). In conclusione, affinché esistano scuole che promuovono il benessere psicologico è necessario un lavoro di rete tra tutte le istituzioni. Per questo, auspichiamo che anche nella nostra Regione si porti avanti un lavoro sinergico finalizzato ad aderire alla Rete Europea delle Scuole che Promuovono Salute, in quanto solo agendo in ottica preventiva si potrà arginare il fenomeno del malessere giovanile che attanaglia la società contemporanea». Unime: supporto psicologico per "Ripartire insieme", l'analisi di UniVersoMe Un ciclo d’incontri per ripartire insieme, come superare gli ostacoli del percorso universitario: è l'approfondimento proposto su Noi Magazine dalla redazione della testata studentesca UniVersoMe, sempre in tema di benessere nel percorso di formazione dei giovani. Il ciclo di incontri “In ritardo? Ripartiamo insieme” è stata un'iniziativa del prof. Alberto De Luca e della prof.ssa Laura Zanghì dell'Unità di Coordinamento Tecnico Centro Orientamento e Placement d'Ateneo tenutasi a febbraio col fine di sostenere le studentesse e gli studenti che si sono trovati più o meno in difficoltà nel percorso universitario per diversi tipi di problematiche. Infatti, sono diversi gli ostacoli che possono rallentare il percorso di uno studente e che possono complicarne la ripartenza dopo un lungo periodo di stop. Questo progetto ha rappresentato uno strumento utile sia in quanto forma di supporto e sostegno, sia per implementare le proprie abilità personali e strategie legate al conseguimento dei propri obiettivi. Diverse le tematiche trattate, come quella dell’“altro come risorsa": espressione utilizzata dagli organizzatori e che è stata spesso spunto di argomentazione all'interno del gruppo. Molti dei partecipanti hanno notato il beneficio dello studiare con altre persone, almeno negli ultimi giorni prima di un esame, dedicandosi alla ripetizione a turni in modo tale da avere un riscontro e integrare le diverse informazioni; altri hanno raccontato di preferire farlo con un familiare. Ovviamente si rende necessario un certo tipo di organizzazione – il rischio è che altrimenti non risulti altrettanto proficuo -, ma in generale lo studio di gruppo è risultato essere un ottimo strumento per numerosi studenti che ritrovano nei colleghi un sopporto. E anche la motivazione risulta aumentata quando si studia in compagnia. Il tutorato alla pari: aiutarsi aiuta Il tutorato alla pari è un altro strumento offerto dall'Università di Messina come supporto alle studentesse e agli studenti in difficoltà – si pensi a coloro con disabilità e con disturbi specifici dell’apprendimento -, sicuramente molto utile in quanto permette di avere un aiuto nello studio delle discipline, ma anche su altri campi che possono riguardare l’organizzazione e la burocrazia. I tutor alla pari sono delle studentesse o degli studenti universitari che vengono appositamente selezionati per ogni dipartimento tramite graduatoria effettuata secondo dei prerequisiti; infatti, devono essere in grado di sostenere i colleghi a livello informativo e didattico. Il massimo di ore che può svolgere un tutor è di duecento ore annue per la laurea triennale e fino a quattrocento per studentesse e studenti della magistrale; il numero minimo di ore da effettuare è invece di trenta. Questo servizio è assolutamente gratuito per chi ne beneficia mentre i tutor ricevono un compenso per il lavoro svolto. Un'altra problematica emersa durante gli incontri è quella dell'ansia pre-esame che spesso può portare gli studenti più emotivi anche a non presentarsi all'appello o a essere poco performanti. Il classico esempio è la sensazione di non ricordare nulla di ciò che si è studiato. In questi casi è stato consigliato di imparare le tecniche di rilassamento e di respirazione, così come effettuare dei corsi di meditazione e yoga, che possono favorire nei soggetti più esposti a situazioni di disagio, ma non solo, una maggiore consapevolezza e concentrazione sul momento presente. Un altro aspetto importante può essere lavorare sulla propria autostima. Infatti, il timore di fallire può essere determinato da una bassa autostima: il consiglio che è stato dato è comunque di dare risalto alle proprie qualità e ai propri successi, anziché lasciarsi abbattere dagli insuccessi, o dal timore di essi. Il confronto con un gruppo ampio di studenti, tutti di facoltà diverse, è stato molt utile in questo caso, perché è venuto fuori come ognuno di loro abbia avuto almeno una volta delle difficoltà nel percorso universitario. Insomma, quanto emerso durante il ciclo di incontri è che nessuno può essere infallibile, ma non bisogna arrendersi e riprovare magari con nuove strategie a superare la difficoltà.

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