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Sharenting, troppe immagini di minori sul web e gli abusi con l'IA: su Noi Magazine i consigli del Garante per tutelare i più piccoli

Un uomo condannato per aver manipolato foto di bambini: la condivisione di dati personali specie sui social li espone a rischi. L'approfondimento sull'inserto "giovane" di Gazzetta del Sud

La condanna a 18 anni di reclusione per un uomo che utilizzava l’intelligenza artificiale per creare immagini di abusi su minori, partendo da immagini reali trovate sul web, ha scosso l’opinione pubblica. Questo caso rappresenta solo la punta di un iceberg fatto di rischi invisibili e reali, legati al vasto mondo digitale in cui bambine e bambini sono esposti. Tra le problematiche emerse, una in particolare richiede un’attenzione maggiore da parte delle famiglie: lo sharenting.

Il termine sharenting si riferisce alla condivisione, spesso eccessiva, da parte di familiari, mamme, papà, ma anche nonni o zie, di foto e video di minori sui social network. Scene quotidiane, successi scolastici, momenti di svago diventano frammenti di vita resi pubblici, spesso accompagnati da dettagli personali come nome, età, scuola frequentata e luogo di residenza. Tuttavia, dietro a queste azioni apparentemente innocue, si celano potenziali minacce alla privacy e alla sicurezza dei più piccoli.

Il Garante della Privacy ha più volte ribadito l’importanza di una gestione consapevole dei dati personali dei minori, invitando le famiglie a una riflessione critica su cosa condividere e con chi.

Tra i consigli pratici forniti sul sito web www.gpdp.it emergono raccomandazioni fondamentali per limitare i rischi: evitare la sovraesposizione digitale dei minori, astenendosi dal pubblicare contenuti che possano rivelare troppi dettagli personali o localizzazioni precise; impostare correttamente le opzioni di privacy sui social, riducendo al minimo la visibilità dei contenuti e mantenendoli accessibili solo a una ristretta cerchia di amicizie e fidate; non creare account dedicati a ragazzine e ragazzini, poiché dare vita a un profilo interamente incentrato su una o un minore implica una continua esposizione non richiesta e non consapevole; oscurare i volti o rendere irriconoscibili i più piccoli nelle immagini, per esempio attraverso l’uso di emoji o effetti di sfocatura.

Queste semplici pratiche, suggerite dal Garante, non solo proteggono la privacy dei minori, ma li tutelano anche da episodi di cyberbullismo o dal rischio di furto d’identità. È importante considerare che ciò che viene pubblicato online può rimanere accessibile a lungo e sfuggire al controllo degli adulti, diventando potenzialmente terreno fertile per abusi o azioni malevole. Secondo il Garante, la consapevolezza di genitori, figlie e figli è la chiave per una navigazione sicura. «La protezione della privacy non è solo una questione legale, ma di rispetto e cura per l’immagine e il futuro dei nostri figli», afferma il Collegio del Garante nel vademecum per le scuole.

Gli adulti dovrebbero accompagnare i minori in un percorso di educazione digitale, insegnando loro a riconoscere i rischi e a proteggere i propri dati personali. In questo scenario, il fenomeno dello sharenting invita tutti e tutte a riflettere su un interrogativo fondamentale: quando condividere è troppo? In un’epoca in cui le tracce digitali sono indelebili, proteggere la privacy di bambine e bambini significa garantire loro una crescita serena, lontana dai rischi di una sovraesposizione involontaria. Adottare un comportamento più prudente e responsabile, evitando di pubblicare contenuti personali delle proprie figlie e dei propri figli senza un'attenta riflessione, è un passo essenziale verso la costruzione di un ambiente digitale sicuro. La protezione della privacy non è un limite, ma un’opportunità per educare i giovani a una cultura del rispetto e della consapevolezza.

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