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L’IA sfida la Scuola, copiare o imparare? Ecco le app per studiare (bene) con gli algoritmi

Su Noi Magazine l'approfondimento: mentre l’intelligenza artificiale entra in aula tra opportunità e rischi il dialogo è la risposta alla rivoluzione digitale, con il ruolo insostituibile degli insegnanti

Oggi fanno sorridere le reazioni contrapposte, suscitate nel corso dei secoli dalle grandi innovazioni, dal telescopio di Galileo alla rete internet: da un lato l’entusiasmo di chi ha accolto le invenzioni come un passo vantaggioso e inesorabile del progresso, dall’altro il terrore di chi ha addirittura immaginato gli effetti apocalittici di quel cambiamento.

Non c’è da meravigliarsi se adesso, di fronte all’esplosione dell’intelligenza artificiale negli ambiti più disparati (dalla cottura perfetta delle uova sode alla bioingegneria delle proteine sintetiche), assistiamo a un acceso dibattito sui potenziali danni e benefici che potrà portare questa energia impalpabile di bit e algoritmi anche tra i banchi di scuola.

Nell’antica Grecia, ad esempio, c’era chi sosteneva che la scrittura avrebbe ucciso la memoria non facendo allenare la mente (lo diceva già Socrate nel Fedro di Platone raccontando il mito di Theuth). Qualcosa di simile sarebbe accaduto quasi sei secoli fa, quando Gutenberg, adattando un torchio per l’uva, creò quel prodigioso meccanismo di ingranaggi e piombo che rese tangibili i nostri pensieri, permettendo alle parole di viaggiare “fisicamente” da un capo all’altro del pianeta, con una rapidità mai vista. All’epoca del pioniere della stampa moderna, da un lato i monaci che trascrivevano i manoscritti temevano di perdere il loro ruolo, dall’altro tra l’aristocrazia e il clero serpeggiava il terrore che un’ampia diffusione dei libri avrebbe indebolito il loro potere e l’ordine sociale, mettendo il sapere nelle mani di un numero sempre più ampio di persone.

AI: stimolo o scorciatoia?

Oggi, tra educatori e pedagogisti, c’è chi pensa non solo che l’intelligenza artificiale rischi di sostituire gli insegnanti, ma che possa appiattire la capacità degli studenti di ragionare e imparare. E i dubbi appaiono legittimi, in particolare da quando l’ormai celebre piattaforma di IA generativa ChatGPT, nel novembre del 2022, è stata resa liberamente accessibile anche ai più giovani, diventando una miracolosa “lampada di Aladino”.

Da allora (era prevedibile) si ricorre sempre più spesso ai chatbot per trovare rimedi contro il singhiozzo o suggerimenti su come coltivare bonsai, risolvere i compiti per casa o stilare tesine, non rendendosi conto che gli algoritmi possono rispondere con informazioni errate e surreali. Un episodio emblematico è quello raccontato l’anno scorso da Leila Wheless, insegnante di inglese in North Carolina: durante un’esercitazione legata al romanzo “Persepolis” di Marjane Satrapi, i suoi allievi, fidandosi fin troppo del “suggeritore digitale”, hanno trascritto senza esitazione frasi assurde come: “Il profeta cristiano Mosè ha tolto le macchie di cioccolato dalle magliette”.

Università in allerta

E il fenomeno, ormai, dilaga pure nel Belpaese. Meno di un mese fa, ad esempio, all’università di Ferrara, i professori, insospettiti dall’insolita media del 28 (troppo alta rispetto agli standard abituali) ottenuta nella prova a risposta multipla sulla piattaforma “Moduli” di Google, hanno deciso di far ripetere l’esame a 362 studenti. In molti atenei, chi tenta di barare non può farla franca, perché ormai è una consuetudine verificare, attraverso software come GPTZero, Turnitin AI Detection e Originality.AI, se i testi siano stati generati automaticamente. Questi controlli, è ormai evidente, non sono infallibili e, con i chatbot che scrivono in modo sempre più naturale, in futuro potrebbero non bastare più per distinguere un linguaggio artificiale dalla… farina del nostro sacco.

Da minaccia a opportunità

Il problema, chiaramente, non si risolve con la bacchetta magica, pensando di poter proibire drasticamente l’uso delle tecnologie. Per trasformare queste applicazioni da “scorciatoia” a risorsa per migliorare il percorso formativo, è fondamentale insegnare a usare l’IA come un’estensione della nostra intelligenza, più che un compagno di banco da cui copiare.

La tecnologia entra in aula

E in Italia a che punto siamo? Per il biennio 2024-2025, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha dato il via a una sperimentazione sull’uso dell’intelligenza artificiale in 15 scuole secondarie di primo e secondo grado distribuite tra Lazio, Lombardia, Toscana e Calabria. L’obiettivo del progetto, dopo un’adeguata formazione dei docenti, è arrivare a una didattica personalizzata, che da un lato valorizzi i talenti e dall’altro dia una mano a chi ha la necessità di tempi più lunghi e maggiore attenzione.

Il programma del Mim prevede l’uso della suite online Google Workspace for Education, e in particolare di strumenti come “Esercizi guidati” (compiti interattivi con suggerimenti) e “Gemini for Teens” (l’AI su misura per le nuove generazioni). Un percorso pensato anche per ridurre il numero di allievi che lasciano la scuola senza completare gli studi. Secondo un rapporto della Commissione Europea, infatti, in Italia questo fenomeno è in diminuzione, ma riguarda ancora circa il 10% dei giovani tra i 18 e i 24 anni. Alla fine dei due anni di prova, l’Invalsi (l’ente che valuta il livello di apprendimento degli alunni italiani) confronterà i progressi delle classi “smart” con quelli delle scuole “tradizionali”.

Se i risultati saranno soddisfacenti, l’intelligenza artificiale potrebbe diventare un vero e proprio “copilota” dei docenti in tutti gli istituti della Penisola dal 2026. Sarebbe un errore, però, valutare l’esito del test solo in base agli aridi punteggi, senza chiedersi se questi avveniristici marchingegni aiutino davvero a integrarsi, collaborare e diventare autonomi.

I prof restano insostituibili

Non è da sottovalutare neanche il rischio che la disuguaglianza nell’accesso alle risorse avanzate possa generare una forma di nuovo analfabetismo, penalizzando gli studenti che vivono in ambienti sociali con meno opportunità. Per evitare che ciò accada, dobbiamo immaginare un futuro in cui, come sostiene Anant Agarwal, professore del MIT e fondatore della piattaforma di apprendimento online edX, dietro la cattedra avremo bisogno di “superdocenti”. Alle macchine potranno essere delegati gli impegni più ripetitivi e tutto ciò che ruba tempo prezioso, dalla correzione di compiti alla creazione di materiali didattici, dalla preparazione delle lezioni all’elaborazione di esercizi su misura. Nel frattempo, i prof potranno svolgere il loro vero ruolo: ispirare, interagire, motivare e guidare ragazze e ragazzi lungo il percorso di crescita, spiegando come padroneggiare la tecnologia, anziché subirla. In altre parole, meno burocrazia, più interazioni faccia a faccia.

Ecco, non sarà un percorso privo d’insidie. Parafrasando Umberto Eco, se la verità è fatta di dettagli, ma i dettagli non sono la verità, allora non ci resta che… imparare a unire i puntini.


 Si moltiplicano le piattaforme dedicate all’istruzione

L’ intelligenza artificiale, come credono in molti, è solo una scorciatoia che spegnerà il cervello degli studenti, rendendoli automi ottusi e disorientati? Oppure, stando all’ipotesi dei più ottimisti, si rivelerà uno strumento straordinario, capace di rendere la didattica finalmente inclusiva e personalizzata? Se provate a chiedere all’IA, scoprirete che ha già la risposta pronta! Noi, comuni mortali, possiamo evitare di azzardare previsioni su un dilemma che appare ancora rovente.

Un cambiamento che coglie impreparati docenti e genitori

È certo che siamo di fronte a un’indecifrabile rivoluzione che trova per lo più impreparati sia i docenti che i genitori, ai quali si dovranno dare al più presto “istruzioni” precise e regole da seguire non solo tra i banchi di scuola. Nel frattempo, per avere un assaggio di ciò che potrebbe riservarci il futuro, è utile fare una breve passeggiata nei boschi digitali, tra le applicazioni e le piattaforme più utilizzate dai giovani in tutto il mondo.

ChatGPT e Gemini: i chatbot che rispondono a tutto

Partiamo dal celebre ChatGPT. Come il suo migliore rivale, ovvero Gemini di Google, il chatbot di OpenAI ha un’efficientissima versione gratuita: risponde a bacchetta a qualsiasi domanda, porta a termine anche i compiti più impegnativi, dalla versione di greco al più astruso rompicapo di fisica, e scrive persino poesie in endecasillabi. Sì, può sfornare saggi accademici pure in esperanto e in klingon (ricordate la lingua parlata dai guerrieri umanoidi nella serie televisiva Star Trek?). Teniamo sempre a mente, però, che queste “sfere di cristallo” sembrano infallibili, ma ogni tanto inventano fatti e soluzioni strampalate: anche gli algoritmi hanno i loro cortocircuiti.

Grammarly e Quillbot: professori virtuali per migliorare la scrittura

Tra i software più gettonati ci sono Grammarly, un “professore inflessibile” che segna con la matita rossa ogni virgola fuori posto e riformula le frasi poco chiare, e Quillbot, un suggeritore impeccabile, in grado di trasformare un pensiero banale in una riflessione originale. Anche in questo caso, se usati con consapevolezza, possono diventare strumenti per non commettere, ad esempio, strafalcioni nei temi. Al contrario, se utilizzati in modo scriteriato, gli assistenti virtuali appiattiranno la scrittura e i ragionamenti come un rullo compressore, rendendo il nostro stile impersonale e… “perfettino”.

L'IA nel coding: GitHub Copilot e Replit Ghostwriter

Passiamo all’informatica. Per i novelli programmatori che non vogliono perdersi fra le stringhe e le parentesi del coding, GitHub Copilot e Replit Ghostwriter suggeriscono il codice corretto e rendono un gioco da ragazzi la compilazione di software.

Strumenti per la matematica: Wolfram Alpha e Photomath

Per chi è alla ricerca di “oracoli” per la matematica e le scienze, ecco Wolfram Alpha, una calcolatrice 2.0 in grado di risolvere equazioni “impossibili” e di fornire spiegazioni dettagliate di ogni passaggio, aiutando a comprendere formule e calcoli anziché “barare”, ottenendo passivamente le risposte.

Photomath è una vera e propria diavoleria inimmaginabile fino a qualche anno fa. Inquadri un problema matematico con la fotocamera del cellulare (che sia scritto a mano, stampato su un libro o sullo schermo) e la soluzione sgorga per incanto come dalla macchinetta del caffè.

Organizzazione digitale: Notion, Obsidian e Fireflies.ai

Se sei disordinato e confusionario, niente paura, ci sono Notion e Obsidian. Se vuoi dire addio a post-it disseminati su scrivania e pareti, grazie a questi “quaderni digitali” i tuoi appunti trovano finalmente un ordine impeccabile come in un giardino zen.

Qualcosa di simile offre Fireflies.ai, uno “sbobinatore” automatico delle lezioni, che trascrive e sintetizza le parole del prof in tempo reale, per poi poter riascoltare o rileggere i punti chiave senza perdersi nei particolari.

Tecniche di apprendimento: Anki, Quizlet e Owlift

E quando arriva il fatidico momento del ripasso, ecco entrare in campo Anki e Quizlet, due app che promettono di fissare tutto nella memoria grazie alla ripetizione a intervalli (considerata una delle tecniche di apprendimento più efficaci). Ma se un argomento proprio non vuole entrarci in testa, risultando incomprensibile come i geroglifici di Tutankhamon, ci pensa Owlift a semplificarlo e a metterci alla prova con quiz interattivi.

Un futuro da scrivere tra rischi e opportunità

La camminata nel groviglio di opportunità cibernetiche, ovviamente, potrebbe proseguire ancora a lungo, ma già da qui si intravede un sentiero arduo, impossibile da decifrare: non resta che augurarsi che nelle aule scolastiche, così come nelle piccole e grandi sfide di tutti i giorni, questa sbalorditiva tecnologia si dimostri una fidata compagna di viaggio, incapace di scalfire le nostre irrinunciabili... imperfezioni.

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