Taglio dell’Irpef ma anche riforma delle pensioni e una maxi-operazione di pace fiscale che potrebbe fare incassare fino a 20 miliardi. Se il ministro Giovanni Tria comincia a scoprire le carte sul fisco, ma anche su temi caldi come Tav e Tap, dicendosi favorevole a un avvio graduale della riduzione delle tasse sulle persone fisiche e auspicando una soluzione perché si sblocchino le due grandi opere, a delineare le misure chiave per la Lega ci pensa Matteo Salvini, ospite ieri di «Porta a porta», che accanto al pacchetto fiscale mette in cima alla lista proprio lo “smantellamento” della Fornero. Negli stessi momenti in tv, ma a «Carta bianca», l’altro vicepremier, il pentastellato Di Maio ribadisce invece: «Il reddito di cittadinanza deve entrare nella legge di bilancio o c'è un grave problema per questo governo». A poco più di un mese dal varo della manovra di bilancio, Salvini, dopo avere di nuovo riunito al Viminale il suo team economico, spiega che sulle pensioni si stanno ancora facendo i calcoli ma la richiesta è quella di arrivare alla famosa “quota 100” fissando il paletto dell’età non a 64 anni ma a 62, da accompagnare da «quota 41 e mezzo». Un intervento corposo e che stando alle prime stime della società di ricerca «Tabula», guidata da Stefano Patriarca, potrebbe costare 13 miliardi il primo anno (al lordo delle tasse) e 20 a regime. Se questi fossero i numeri si discosterebbero poco dalla cifra indicata dall’Inps, 14 miliardi, in caso di quota 100 senza paletti di età. Altro capitolo citato dal vicepremier leghista, su cui a dire il vero Tria si sofferma raramente, quello della pace fiscale che si rivolgerà «a chi ha fatto la dichiarazione dei redditi» ma non può pagare e che invece «correrebbe a pagare» se il conto fosse «il 10%», comunque «non un regalo». Le stime di gettito, si riferisce, sono comunque ancora in corso ma si supererebbero i 15 miliardi, spalmati su più anni. La manovra, ricorda invece Tria, metterà comunque le basi per realizzare le priorità per l’intera legislatura e sul fronte fiscale riguarderà anche le famiglie, non solo gli autonomi o le imprese che investono. I redditi medi soffrono di una pressione fiscale «troppo alta», afferma il ministro. Per questo «bisogna trovare gli spazi per la partenza di un primo accorpamento e di una prima riduzione delle aliquote». Sempre valutando «le compatibilità di bilancio», ha puntualizzato immancabile il titolare dell’Economia, dicendosi «molto favorevole a partire» purché con estrema gradualità, senza insomma compromettere la finanza pubblica. L’importante è iniziare a ridurre il debito, che quest’anno si manterrà sostanzialmente stabile, con una correzione dello 0,1% (dovrebbe dunque scendere al 131,7%), e contemporaneamente non peggiorare “ma anzi migliorare» il saldo strutturale, cercando gli spazi non in deficit ma «nel nostro bilancio che è molto grande». Per la flat o dual tax, o più semplicemente riforma fiscale, bisogna quindi guardare alla massa delle tax expenditures, troppe e confusionarie, mentre per il reddito di cittadinanza lo spazio si potrebbe trovare partendo dalle risorse del Rei e delle altre forme di sostegno al reddito «aggiungendo qualcosa in più». Su tutte e tre le riforme basilari del contratto di governo, quindi anche sulle pensioni, si può insomma iniziare a dare un segnale dando forma ad una strategia politica coerente «anche se partita da una campagna elettorale non del tutto coerente». L’idea, illustrata in questo caso dal viceministro Massimo Garavaglia, è anche quella di una dual tax Ires, che scenderebbe dal 24% al 15% sugli utili reinvestiti in azienda. Un intervento quindi strutturale, ha spiegato, evitando ogni anno di rinnovare ammortamenti, incentivi e agevolazioni varie. L’ultima stoccata Tria la riserva su infrastrutture e investimenti, vero suo pallino al punto da esporsi anche sulla Torino-Lione e sul gasdotto Tap: «Personalmente spero che si facciano, che il problema si sblocchi».