Il Governo è stato battuto nell’Aula della Camera sul voto segreto di un emendamento al ddl anticorruzione. L’emendamento approvato contro il parere del governo è di Catello Vitiello del Misto-Maie è passato con 284 voti a favore e 239 contrari. Forza Italia ha esultato urlando «Onestà, Onestà». Si tratta di un emendamento riferito al primo articolo del testo anticorruzione e riguarda il reato di peculato. Sullo stesso tema la maggioranza si era divisa in commissione: la Lega puntava alla riduzione della portata del reato di peculato, mentre il M5S aveva una posizione contraria. Il testo è un’aggiunta all’art. 323 del Codice penale e stabilisce che «la pena non può essere inferiore a due anni se il fatto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio consiste nella appropriazione mediante distrazione di somme di denaro o di altra cosa mobile altrui delle quali ha il possesso o comunque l’autonoma disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, nell’ambito di un procedimento disciplinato da legge o regolamento che appartenga alla sua competenza». «Quello che è accaduto oggi in Aula è un fatto gravissimo. Così non si va avanti», ha affermato in una nota da Francesco D’Uva, capogruppo del M5S alla Camera. «Noi non salviamo i furbetti dalla galera. Chi ha votato Sì a un emendamento che va a favore dei delinquenti si sta assumendo una responsabilità enorme agli occhi dei cittadini». «Voto in aula assolutamente sbagliato. La posizione della Lega la stabilisce il segretario. Il provvedimento arriverà alla fine come concordato dalla maggioranza». Così il segretario della Lega Matteo Salvini ha commentato il voto alla Camera sul ddl anticorruzione che ha visto la maggioranza battuta. Al voto sono risultati assenti 9 deputati della Lega (Basini, Bitonci, Cecchetti, Centemero, Fugatti, Legnaioli, Segnana, Tonelli e Zanotelli) e 9 del M5S (Alaimo, Bologna, Dall’Osso, Ficara, Penna, Perconti, Termini, Varrica, Zolezzi). L'esame del ddl riprenderà domani in mattinata. Così ha deciso la conferenza dei capigruppo di Montecitorio.